Avv. Laura Bazzan - Dall'ampia casistica giurisprudenziale emerge che, quando si verifica una caduta dell'utente della strada, la causa più ricorrente è attribuita alla presenza di buche, dislivelli, tombini; non sempre, tuttavia, la giurisprudenza ne ha riconosciuto i caratteri dell'insidia.
La nozione di insidia stradale
L'insidia è caratterizzata, sotto il profilo oggettivo, dalla non visibilità del pericolo e, sotto il profilo soggettivo, dalla non prevedibilità dello stesso (cfr. Cass. n. 3344/1976). Si tratta di una condizione che sussiste nei casi di mancata corrispondenza tra le reali condizioni di transitabilità della strada e quelle che sarebbe ragionevole attendersi, di modo che neppure l'utente diligente sarebbe stato in grado di evitare il pericolo.
Nello specifico, l'insidia è configurabile sia in relazione alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, sia rispetto a situazioni di pericolo provocate dagli utenti della strada ovvero da repentine alterazioni dello stato dei luoghi (cfr. Cass. n. 298/2003).
La giurisprudenza sull'insidia stradale
Dal momento che la situazione di pericolo atta ad integrare l'insidia deve essere occulta, la giurisprudenza di merito, ad esempio, ha ritenuto di escludere il risarcimento del danno avanzata dai genitori di una minore caduta dal proprio ciclomotore a causa di una buca, in quanto le stesse condizioni della strada, costellata di buche e disseminata di cubetti di porfido, avrebbero dovuto indurre la danneggiata a moderare la velocità e assumere un maggiore livello di attenzione alla guida (cfr. App. Napoli 20.09.2012). Viceversa, è stata accolta la richiesta di un danneggiato finito con la proprio moto in una buca profonda in orario notturno in un tratto di strada privo di illuminazione (cfr. Trib. Cassino 31.03.2011).
Più recentemente, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire il principio secondo cui "quanto più la situazione di pericolo connessa alla struttura o alle pertinenze della strada pubblica è suscettibile di essere prevista e superata dall'utente-danneggiato con l'adozione di normali cautele, tanto più rilevante deve considerarsi l'efficienza del comportamento imprudente del medesimo nella produzione del danno, fino a rendere possibile che il suo contegno interrompa il nesso eziologico tra la condotta omissiva dell'ente proprietario della strada e l'evento dannoso" (Cass. ord. 22.02.2017, n. 4638), con ciò rigettando il ricorso presentato dal soggetto caduto a mezzogiorno nella strada in cui abitava, ove si stavano svolgendo dei lavori di rifacimento a lui noti e ben visibili, a causa delle sconnessioni del manto stradale.
Si tratta di principio consolidato in applicazione del quale il danneggiato, inciampato su di un tombino malfermo e mobile, è stato ritenuto responsabile esclusivo della propria caduta: transitando a piedi in una strada talmente dissestata da obbligare i pedoni a procedere in fila indiana, per la Corte di Cassazione, lo stesso avrebbe dovuto tenere un comportamento improntato alla massima prudenza idoneo ad evitare un pericolo così altamente prevedibile (cfr. Cass. n. 999/2014).
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