di Marina Crisafi - Non rispondere al citofono alle forze dell'ordine che vengono ad effettuare un controllo notturno per chi si trova agli arresti domiciliari è evasione. Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte d'Appello di Cagliari, nella sentenza n. 72/2017 (qui sotto allegata) confermando la condanna ex art. 385, comma 3, c.p. nei confronti di un uomo che non aveva risposto alle ripetute chiamate degli agenti per oltre 10 minuti.
La vicenda
L'imputato veniva giudicato dal tribunale colpevole del delitto ex art. 385, comma 3, c.p., per essersi allontanato dalla propria abitazione, dove era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.
Gli agenti riferivano di aver suonato più volte al citofono "nell'arco di dieci minuti" senza ricevere alcuna risposta. Inoltre, l'imputato non faceva pervenire alla stazione dei Carabinieri, né prima né dopo l'accertamento, alcuna giustificazione del perché non avesse risposto al citofono quella notte.
La sua condotta pertanto veniva ritenuta integrante gli elementi del reato.
L'uomo si difendeva lamentando che la circostanza che i carabinieri avessero ripetutamente suonato il citofono nell'arco di un breve lasso di tempo non era di per sé sufficiente a provare la condotta di allontanamento, ben potendo "essere addormentato e non aver quindi sentito il suono del campanello".
Il reato di evasione
Per il giudice d'appello però la tesi dell'imputato è infondata.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, integra il reato di evasione, ricorda la Corte, "qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la sua durata, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale" (cfr., tra le altre, Cass. n. 28118/2015).
Inoltre, "l'allontanamento dell'imputato dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione può essere legittimamente desunto dalla sua mancata risposta al suono del citofono, attivato dalla P.G. nel corso di un controllo notturno per un rilevante lasso temporale, nonché con modalità insistenti e tali da richiamare l'attenzione" (cfr. Cass. n. 1071/2016).
Nel caso di specie, sull'assenza da casa dell'imputato, per il giudice, non vi è dunque dubbio. Il campanello, infatti, funzionava perfettamente, tanto che, pur abitando l'imputato al primo o al secondo piano della palazzina, il suo suono si sentiva dalla strada. Per di più "le modalità dell'attivazione del citofono da parte dei carabinieri erano tali, ripetute nell'arco di dieci minuti e con una intensità di suono che si percepiva a significativa distanza, che apparivano assolutamente idonee a destare un individuo da un sonno non patologico".
Da qui la conferma della sentenza impugnata.
Corte d'Appello Cagliari, sentenza n. 72/2017
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