- Condizione sospensiva o risolutiva
- Mancato avveramento della condizione
- Impossibilità sopravvenuta della condizione
Condizione sospensiva o risolutiva
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Ai sensi dell'art. 1353 c.c., la condizione consiste in un avvenimento futuro ed incerto al cui verificarsi le parti convengono di subordinare la produzione (condizione sospensiva) o la cessazione (condizione risolutiva) degli effetti di un contratto o di una sua clausola.
In pendenza della condizione, mentre cioè perdura l'incertezza circa il verificarsi o meno dell'evento, ciascuna parte è tenuta a comportarsi secondo buona fede per non pregiudicare le ragioni dell'altra ex art. 1358 c.c. All'avveramento della condizione, come previsto dall'art. 1360 c.c., gli effetti retroagiscono alla data della conclusione dell'accordo; di conseguenza, il contratto si considera efficace o inefficace ab origine salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, la produzione degli effetti o la loro cessazione debba essere riportata ad un momento diverso ovvero che il contratto sia ad esecuzione continuata o periodica, nel qual caso in assenza di patto contrario l'avveramento della condizione non ha effetto per le prestazioni già eseguite.
Mancato avveramento della condizione
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Il mancato avveramento della condizione si configura quando diviene certo che l'evento dedotto in condizione non potrà verificarsi. In siffatta ipotesi, in presenza di condizione sospensiva, il negozio giuridico rimane definitivamente improduttivo di effetti; viceversa, in presenza di condizione risolutiva, gli effetti prodotti si consolidano venendo meno l'evento che poteva determinarne la cessazione.
Qualora la condizione non si sia avverata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, opera la finzione di avveramento di cui all'art. 1359 c.c. Tale norma, tuttavia, è applicabile soltanto in ipotesi di condizione casuale (il cui avveramento dipende dal caso o dalla volontà di un terzo) o di condizione mista (il cui avveramento dipende in parte dal caso o dalla volontà di un terzo, in parte dalla volontà di uno dei contraenti), ma non in ipotesi di condizione potestativa semplice o impropria (ove l'avveramento dipende dalla volontà di una delle parti avente un interesse apprezzabile al suo avveramento) (cfr. Cass. n. 8172/2013).
La finzione di avveramento costituisce una sorta di risarcimento in forma specifica che determina sul piano giuridico la medesima situazione che sarebbe venuta in essere con l'avveramento della condizione; ai fini dell'operatività dell'istituto è necessaria la sussistenza di una condotta dolosa o colposa della parte che aveva interesse contrario all'avveramento, non riscontrabile in un semplice comportamento inattivo, salvo che l'obbligo di agire fosse imposto dalla legge o dal contratto (cfr. Cass. n. 7377/1996).
Impossibilità sopravvenuta della condizione
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Quando la condizione dedotta come originariamente possibile diviene naturalisticamente o giuridicamente impossibile in un momento successivo a quello della stipula dell'accordo, si considera al pari del mancato avveramento della condizione. Di conseguenza, la condizione sospensiva affetta da impossibilità sopravvenuta rende il contratto inefficace, mentre la condizione risolutiva divenuta impossibile ne conferma l'efficacia e ne esclude la risoluzione. Si applica, altresì, il disposto dell'art. 1359 c.c. per cui se la condizione è resa impossibile a causa della parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, si considera avverata.
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