di Lucia Izzo - È responsabile penalmente il gestore del disco club che non impedisce gli schiamazzi dei clienti fuori dal locale. Su di lui, infatti, grava una posizione di garanzia e di controllo che si sostanzia nel porre in essere ogni misura volta a evitare il disturbo della tranquillità pubblica provocato dai clienti quando i loro comportamenti siano comunque direttamente riferibili all'esercizio dell'attività.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 22142/2017 (qui sotto allegata), sul ricorso di un uomo condannato in sede di merito per non aver impedito, nella sua qualità di gestore di un disco club, gli schiamazzi degli avventori che stazionavano all'esterno del locale e che si protraevano sino a tarda notte creando disturbo al riposo dei residenti nelle vie limitrofe.
In Cassazione, l'uomo evidenzia che erroneamente la sentenza impugnata gli avrebbe ascritto la responsabilità degli schiamazzi prodotti dai clienti all'uscita della discoteca e delle loro autovetture, non condividendo la difesa l'assunto secondo cui esisterebbe un potere di controllo del titolare dell'esercizio anche sulle condotte compiute, all'esterno del locale.
In realtà, afferma la Cassazione, la condotta descritta in imputazione rientra nella previsione del comma 1 dell'art. 659 del codice penale. Gli schiamazzi e i rumori prodotti dagli avventori di un esercizio pubblico, suscettibili di disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, infatti, sono stati ricondotti non alle emissioni sonore prodotte, ordinariamente, da un qualunque esercizio nel quale si somministrino cibi e bevande e nel quale vengano tenuti servizi di intrattenimento musicale, quanto piuttosto a situazioni eccedenti le normali modalità di esercizio dell'attività intrinsecamente rumorosa.
Rumori e schiamazzi: la posizione di garanzia del titolare dell'esercizio pubblico
La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto, in capo al titolare di un esercizio pubblico, l'esistenza di una posizione di garanzia cui è correlato l'obbligo giuridico di impedire gli schiamazzi o comunque i rumori prodotti, in maniera eccessiva, dalla propria clientela, in questo modo configurando gli elementi strutturali propri delle fattispecie omissive improprie (cd. reati commissivi mediante omissione).
Poichè "risponde di un evento dannoso o pericoloso colui il quale abbia l'obbligo giuridico di impedirlo", deve ritenersi che tale obbligo, che si sostanzia nel doveroso esercizio di un potere di controllo, è pacificamente configurabile non solo a carico del titolare di una attività commerciale aperta al pubblico rispetto alle condotte poste in essere da parte dei suoi clienti che si trovino all'interno del locale, ma anche per schiamazzi e rumori prodotti dai clienti all'esterno del locale,
Laddove si tratti, infatti, di disturbi direttamente riferibili all'esercizio della sua attività, il titolare può ricorrere a vari accorgimenti per evitarli: ad esempio, si legge in sentenza, può predisporre avvisi alla clientela, impiegare personale dedicato, somministrare bevande soltanto in recipienti non da asporto, cosicché vengano consumate all'interno del locale, sino a ricorrere all'autorità di polizia o all'esercizio dello ius excludendi.
In effetti nel caso esaminato il titolare, consapevole dei propri obblighi, aveva provveduto ad adottare alcune misure volte a impedire che gli schiamazzi prodotti dai suoi clienti disturbassero i residenti nella zona: si trattava dell'apposizione di un cartellone all'entrata del locale e della predisposizione di un apposito parcheggio per le auto.
Tali misure, tuttavia, sono state ritenute insufficienti in quanto, alla stregua di un giudizio controfattuale esperito dai giudici di primo e secondo grado, le stesse non hanno sortito alcun concreto effetto, non avendo esse determinato alcun apprezzabile risultato, neanche temporaneo, sui disturbi recati dalla clientela. Quanto al parcheggio, ad esempio, non erano state adottate misure atte a indurre i clienti a servirsene.
In sostanza il gestore avrebbe potuto e dovuto fare il possibile per circoscrivere il volume di traffico nella zona e ridurre, in maniera rilevante, la produzione di rumori avvertiti come fortemente molesti; la mancata sperimentazione di misure volte a tal fine, da parte del titolare dell'esercizio, ha sicuramente concorso a determinare l'insieme di eventi rumorosi, storicamente determinati e descritti nell'imputazione, anche se, riconosce la Cassazione, "assai difficilmente essa avrebbe impedito tout court ogni manifestazione disturbante".
Cass., III sez. pen., sent. n. 22142/2017