Per la Cassazione il corretto codice di priorità avrebbe potuto impedire l'evento dannoso

di Lucia Izzo - È responsabile per l'omicidio colposo del paziente giunto al pronto soccorso, con infarto in corso, l'infermiere che ha errato la valutazione assegnandogli un codice verde.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, IV sezione penale, che nella sentenza n. 18100/2017 (qui sotto allegata) si è pronunciata sull'addebito contestato a un infermiere condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

Il caso

All'imputato, nella sua qualità di infermiere responsabile del servizio di triage del Pronto Soccorso, si ascriveva di avere colposamente errato la valutazione nei confronti di un paziente, trascurando le indicazioni contenute nel referto redatto dal personale della ambulanza e le dichiarazioni rese dai familiari circa la morte per infarto del padre del paziente.


Erroneamente, nonostante l'infarto in atto, l'imputato avrebbe attribuito al caso un codice verde in luogo del codice giallo imposto dalla corretta valutazione dei sintomi in sede di triage; il paziente era rimasto quindi per lungo tempo senza adeguata assistenza e solo gli infermieri subentrati nel turno, accertatene le condizioni gravissime, lo avevano ricoverato nel reparto di cardiologia dove era poi deceduto.


Per la Corte di Appello è indubbia la responsabilità dell'infermiere in quanto la sua colpevole sottovalutazione dei sintomi aveva fatto sì che il paziente rimanesse per circa due ore nella struttura senza ricevere alcun tipo di cura.


I giudici del gravame si sono soffermati sia sui profili di ascrivibilità colposa della condotta, sia sulla riferibilità causale dell'evento, alle omissioni e alle mancanze circa la complessiva presa in carico del paziente da parte dell'infermiere professionale in servizio presso il Pronto Soccorso.


Per quanto riguarda la colpa, l'uomo avrebbe violato sia le linee guida del triage, sia le regole di comune diligenza e perizia richieste agli infermieri professionali addetti al Pronto Soccorso, tenuto conto dei sintomi mostrati dal paziente e della acquisita anamnesi familiare che i giudici ritengono di valorizzare.


Ancora la Corte territoriale ha poi osservato che l'assegnazione di un corretto codice di priorità avrebbe comportato, secondo le indicazioni delle linee guida e la buona pratica medica nel settore infermieristico, l'effettuazione dell'elettrocardiogramma entro trenta minuti, evenienza che avrebbe consentito di intraprendere utilmente il corretto percorso diagnostico e terapeutico.

Il giudizio di "elevata probabilità logica"

La Cassazione condivide le conclusioni a cui giunge la Corte d'Appello e rammenta che, circa l'accertamento del rapporto di causalità, nella verifica dell'imputazione causale dell'evento, occorre effettuare un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si deve interrogare su ciò che sarebbe accaduto se l'agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta.


Con particolare riferimento alla casualità omissiva, che viene in rilievo nel caso di specie, la giurisprudenza ne ha enunciato il carattere condizionalistico: "il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili", culminando in un giudizio di elevata "probabilità logica" senza discostarsi dalle particolarità del caso concreto.


Come ribadito dalle Sezioni Unite nella sentenza c.d. Franzese, n. 30328/2002, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.


Le valutazioni della Corte d'Appello "risultano immuni dalle dedotte aporie di ordine logico e paiono del tutto congruenti, rispetto all'acquisito compendio probatorio" e sono dunque sussistenti le condizioni oggettive e soggettive per l'affermazione di responsabilità, rispetto al delitto colposo in addebito.


Ciononostante, nel caso esaminato, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio a fini penali, perché il reato è estinto per prescrizione; specularmente, il ricorso deve essere rigettato a fini civili.



Cass., IV sez. pen., sent. n. 18100/2017

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