Alla base dei divieti vi sarebbe una presunta condotta dell'interessato che lascia pensare ad un abuso della licenza di porto dell'arma, con conseguente perdita dei requisiti di piena affidabilità.
Caso ricorrente in quanto, anche in questa occasione, parliamo di un'ipotesi di uccisione di animali e della successiva denuncia del presunto responsabile.
La fattispecie è, in astratto, disciplinata dall'art. 544 bis c.p.
Certamente in casi del genere dovrebbe essere richiesta una maggiore attenzione dell'Autorità sulla revoca della licenza, in quanto troppo spesso ci si muove con certi pregiudizi su chi legittimamente detiene ed utilizza correttamente le armi conformandosi ai precetti normativi vigenti.
Il fatto
Nel caso di specie (sentenza Tar Bologna n. 196/2017), in effetti, già la denuncia del fatto (una uccisione di volatile ascritta all'interessato, poi destinatario della denuncia) da subito doveva apparire carente agli organi istituzionali investiti della questione.
In pratica era andata così: i denuncianti avevano udito uno sparo, anzi un rumore somigliante ad uno sparo, subito dopo avevano visto il volatile caduto a terra. Nessuno aveva però visualizzato l'autore, ma si era ipotizzato lo sparo come proveniente da una certa finestra.
Circostanza emblematica questa, idonea di per sé a generare dubbi in sede amministrativa, dubbi che però nella fattispecie non si sono concretizzati.
Non solo: tenendo presente che neppure le successive fasi di indagine penale avevano portato alla reale individuazione del responsabile (tanto da arrivare dopo allo sbocco inevitabile di quel giudizio penale: l'archiviazione), l'Autorità amministrativa non doveva e non poteva porre a base dei propri provvedimenti una circostanza dubbia e cioè la non nota identità dell'autore degli spari.
In pratica
Ricorrere al Giudice quando i provvedimenti amministrativi travisano la realtà.
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