di Valeria Zeppilli - Non sempre il rifiuto della ex di lavorare può precluderle il diritto all'assegno divorzile.
Come emerge dalla sentenza numero 12878/2017 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), infatti, le variabili che possono influenzare il rifiuto di un determinato lavoro sono numerose e, soprattutto, non è possibile fare una valutazione aprioristica della scelta di una persona di non accettare una determinata offerta lavorativa.
Capacità di reddito potenziale e non sfruttata
Nel caso di specie, il giudice del merito aveva giudicato sulla revisione dell'assegno divorzile dovuto da un uomo alla sua ex moglie considerando anche il rifiuto da parte della donna di alcune offerte di lavoro, ma non dandogli la rilevanza necessaria per poter incidere negativamente sul mantenimento. Infatti, la donna era una traduttrice ma le offerte ricevute erano risultate occasionali e inidonee a ipotizzare una capacità di reddito potenziale e non sfruttata.
Così facendo, la Corte d'appello aveva quindi considerato adeguatamente le potenzialità di guadagno di cui effettivamente avrebbe potuto fruire la donna qualora avesse ripreso a pieno regime la sua attività di traduttrice.
Alla luce di ciò e della effettiva valutazione dei redditi e dei patrimoni dei coniugi, quindi, la rideterminazione dell'assegno divorzile è stata confermata anche in terzo grado e il marito, che si era rivolto alla Corte di cassazione sperando di essere sgravato dell'onere economico nei confronti della ex, non potrà far altro che rassegnarsi.
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