di Lucia Izzo - È tutto pronto per il debutto del nuovo ente pubblico "Agenzia delle Entrate-Riscossione" che prenderà il posto di Equitalia, definitivamente fuori dai giochi a partire dal prossimo 1° luglio.
Nonostante il passaggio di testimone, rimarranno invariate le regole per coloro che non pagano le tasse e che, in caso di prolungata inadempienza, rischiano di vedersi pignorati dal Fisco i propri beni, ma non tutti.
La prima casa
È stato il d.l. 69/2013 (c.d. decreto del Fare) a chiarire le regole relative alla non espropriabilità della prima casa. Deve trattarsi dell'unico immobile di proprietà del debitore, adibito a uso abitativo e nel quale egli risieda anagraficamente.
Restano escluse le abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969 e comunque i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 (ville) e A/9 (castelli).
Sull'efficacia temporale delle disposizioni in esame è intervenuta la Corte di Cassazione, III sezione civile, sentenza n. 19270/2014, precisando che, in presenza delle condizioni espresse, la normativa sull'espropriazione della prima casa quando a procedere sia Equitalia, risulta applicabile a tutti i procedimenti di esecuzione in corso, anche se intrapresi prima dell'emanazione della novella.
Per gli Ermellini "dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un'ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti di processi iniziati prima".
Pertanto, nei casi in cui l'espropriazione immobiliare, sia diretta sull'unico bene di proprietà, a destinazione abitativa e non di lusso, nel quale in il contribuente abbia la propria residenza
, "l'azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell'esecuzione o per iniziativa dell'agente di riscossione", anche se il pignoramento è anteriore all'entrata in vigore del decreto.Tuttavia, resta salva la possibilità di ipotecare l'abitazione principale se il debito a ruolo supera i 20mila euro, ma il Fisco potrà procedere all'espropriazione se l'importo complessivo del credito per cui procede supera i 120mila euro. È inoltre necessario che l'espropriazione sia preceduta dal decorso di sei mesi dall'iscrizione dell'ipoteca senza che il debito sia stato estinto.
Stipendio e pensione
Il pignoramento di stipendio e pensione può avvenire direttamente presso il datore di lavoro o presso l'ente di previdenza, prima che questo sia erogato, oppure presso l'istituto dove è stato accreditato. Tuttavia, la legge impone determinati limiti di pignorabilità delle somme.
Il d.l. 69/2003 (articolo 52, comma 1, lettera f), modificando l'art. 72-ter del d.P.R. 602/1973, ha previsto dei limiti quanto al pignoramento delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento: tali somme, precisa la norma, possono essere pignorate dall'agente della riscossione in misura pari a un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari a un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.
Tuttavia, nel caso di accredito di tali somme sul conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo che, pertanto, resta per intero nelle disponibilità del debitore.
Inoltre, prevede la legge, resta fermo quanto stabilito dall'art. 545, quarto comma, c.p.c., in caso tali somme superino i cinquemila euro: quest'ultima norma precisa che le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, e in eguale misura per ogni altro credito.
Il d.l. n. 83/2015 ha modificato il codice di procedura civile, aggiungendo all'art. 545 c.p.c. alcune precisazioni in materia di pignorabilità di stipendio e pensione: in particolare, si dispone che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà (circa 672,10 euro).
Invece, se le somme dovute a titolo di stipendio, pensione e assimilati siano accreditate su conto bancario o postale intestato al debitore, il pignoramento non è consentito fino all'importo pari al triplo dell'assegno sociale (ossia 1345,56 euro), ma solo per la parte eccedente laddove l'accredito abbia avuto luogo in data anteriore al pignoramento stesso.
Il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L'inefficacia è rilevata dal giudice anche d'ufficio.
Beni assolutamente impignorabili
L'art. 514 c.p.c. stabilisce un elenco di cose mobili assolutamente impignorabili che si aggiungono a quelle previste da speciali disposizioni di legge. Si tratta di beni familiari di prima necessità oppure aventi un particolare valore sacro o affettivo.
L'elenco comprende le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto, l'anello nuziale, gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore, le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione, le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento di un pubblico servizio.
Ancora, vi sono quei beni ritenuti indispensabili al debitore e alle persone della sua famiglia con lui conviventi: i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe e i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli.
Sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico anche per accertato pregio artistico o di antiquariato. La legge 28 dicembre 2015, n. 221, invece, ha aggiunto all'elenco di impignorabilità anche gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali nonchè quelli impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli.
Crediti impignorabili
Ancora, l'art. 545 c.p.c. prevede ancora che non possano essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti e sempre con l'autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto.
Inoltre, non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Anche le polizze vita non possono essere assolutamente pignorate.
Auto di lavoro
Per quanto riguarda l'auto del debitore, il c.d. decreto del fare (D.L. 69/2013, articolo 52, comma 1, lettera m-bis.) ha precisato che, se il mezzo è strumentale all'attività di impresa o della professione, non potrà essere operato il fermo amministrativo da parte dell'esattore.
In particolare, l'agente della riscossione quando iscrive il fermo di beni mobili registrati deve notificare al debitore (c.d. preavviso di fermo) una comunicazione preventiva riguardante il fermo, che verrà eseguito in mancanza del pagamento delle somme dovute entro 30 giorni. Nel predetto termine il debitore o i coobbligati potranno dimostrare che il bene mobile è necessario per l'esercizio della professione o dell'attività di impresa.
Conto corrente e casa cointestati
In caso di beni cointestati (art. 1101 c.c.) la legge presume che le quote dei partecipanti siano uguali tra loro. Pertanto, la pignorabilità del bene nei confronti del debitore è ammessa unicamente per la metà, come può avvenire nel caso di conto cointestato.
Per evitare abusi, ovverosia che l'esattore si appropri di somme appartenenti a soggetti diversi dal debitore, in caso siano presenti cointestatari nel conto non è possibile l'azione diretta del creditore presso la banca o la posta, ma è necessario adire il giudice che potrà assegnargli le somme dovute limitate alla quota di spettanza del debitore.
Tuttavia, precisa l'art. 599 c.p.c., i beni indivisi possono essere pignorati anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore e in tal caso del pignoramento è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice.
Infatti, solo se il bene può essere diviso in natura si procede alla divisione in quote, con espropriabilità della singola da parte del creditore procedente: in caso contrario, si dovrà vendere il bene per intero e la quota-parte del ricavato verrà restituita al contitolare non debitore.
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