di Marina Crisafi - Laddove il giudice provveda alla sostituzione della misura degli arresti domiciliari in corso di esecuzione con quella della custodia in carcere, a causa dell'aggravamento delle esigenze cautelari, "non è tenuto a procedere ad un nuovo interrogatorio di garanzia dell'imputato", il quale è richiesto soltanto in caso di prima applicazione della misura. Così, la sesta sezione penale della Cassazione, con la recente sentenza n. 7460/2017 (sotto allegata), rigettando il ricorso di un uomo avverso la revoca della misura custodiale in carcere.
La vicenda
Nella vicenda, l'uomo ricorreva avverso l'ordinanza del tribunale di Roma che aveva aggravato la misura della custodia in carcere al posto degli arresti domiciliari in seguito al ritrovamento di sostanze stupefacenti nella cucina della sua abitazione. Tra le altre cose, l'imputato chiedeva la revoca della misura della custodia in carcere per mancato espletamento dell'interrogatorio di garanzia, ritenuto necessario alla luce della riforma n. 47/2015.
L'interrogatorio di garanzia nell'ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari
Per gli Ermellini il motivo non è fondato.
Il giudice "nella diversa ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte - si legge in sentenza - non deve procedere all'interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall'articolo 276 c.p.p., commi 1 e 1-ter".
Tale principio, ricordano dal Palazzaccio, "è stato esteso alla diversa ipotesi dell'aggravamento delle esigenze cautelari (articolo 299 c.p.p., comma 4) (cfr. Cass. n. 45084/2014), nell'apprezzamento della estraneità alle previsioni di codice di rito - come definito dall'articolo 294 c.p.p., commi 1 e 4-bis, e articolo 299 c.p.p. - di un interrogatorio preventivo o successivo in caso di aggravamento della misura per ragioni cautelari, risultando, invece, il mezzo espressamente richiesto solo in caso di prima applicazione (articolo 294 c.p.p., commi 1 e 4-bis)".
Ciò perché, l'interrogatorio avendo la "finalità di approfondire temi di prova - è destinato - ad essere utile in sede di prima applicazione nel dare definizione agli elementi indiziari". In sede di aggravamento invece, non viene più in valutazione il tema della prova, "ma quello dell'adeguatezza della misura in ragione di fatti sopravvenuti e ciò tanto più ove sia già stata adottata sentenza di condanna di primo grado, destinata a dare piena definizione al tema degli indizi e del loro univoco convergere in una prospettiva che è, ormai, quella della affermazione della penale responsabilità dell'imputato".
Per cui, ritiene la S.C. che la lettura della giurisprudenza di legittimità circa la non necessità, "per ragioni di indole sistematica, che si espleti interrogatorio di garanzia in caso di applicazione di una misura in aggravamento del quadro cautelare resta (articolo 299 c.p.p.) non superabile dalla novella n. 47 del 2015".
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Cassazione, sentenza n. 7460/2017
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