di Valeria Zeppilli - L'erede che abbia rinunciato all'eredità tardivamente, ovverosia dopo che siano decorsi dieci anni dalla morte del de cuius, non può comunque essere chiamato a rispondere dei debiti tributari del defunto: come chiarito dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 8053/2017 (qui sotto allegata), ciò è vero anche se egli abbia provveduto ad effettuare a fini fiscali la denuncia di successione.
La prova dell'accettazione
Per i giudici, insomma, l'erede rinunciante può far valere sempre dinanzi al fisco il proprio difetto di legittimazione passiva dopo aver ricevuto gli atti tributari, mentre sarà semmai l'amministrazione finanziaria che dovrà dare la prova che il contribuente, in concreto, abbia posto in essere atti o comportamenti idonei a far desumere un'accettazione implicita dell'eredità. In caso di contestazione, infatti, solo fornita tale prova sarà possibile far valere la pretesa fiscale.
La qualità di erede
Del resto, la giurisprudenza ha già in passato affermato che non è possibile desumere l'assunzione della qualità di erede né dalla mera chiamata all'eredità, né dalla denuncia di successione (che ha natura esclusivamente fiscale): erede, infatti, è solo colui che, espressamente o tacitamente, abbia accettato l'eredità, compiendo così un atto che, come ricorda la stessa Cassazione, è un elemento costitutivo del diritto che viene azionato nei confronti di un soggetto quale successore del de cuius.
La vicenda
Nel caso di specie, la dichiarazione di rinuncia era stata proposta dopo che era decorso il termine di dieci anni fissato dall'articolo 480 del codice civile per accettare l'eredità e, in concreto, era risultata del tutto inutile, dato che il diritto all'eredità si era ormai prescritto.
In ogni caso, posto anche il fatto che ai sensi dell'articolo 521 del codice civile la rinuncia ha effetto retroattivo e che nel caso di specie l'amministrazione finanziaria non era riuscita a provare l'accettazione neanche implicita dell'eredità, il ricorso contro l'avviso di liquidazione presentato dal contribuente, rigettato nei gradi di merito, per i giudici di legittimità va accolto.
Corte di cassazione testo sentenza numero 8053/2017• Foto: 123rf.com