di Lucia Izzo - Il comportamento di chi tiene accesa la televisione ad alto volume è idoneo a integrare il reato di "disturbo del riposo delle persone" di cui all'art. 659 del codice penale, mentre non basta a tale fine il rumore di "biglie che rotolano sul pavimento".
La vicenda
Se nella sua precedente sentenza n. 28670/2017 (qui sotto allegata) la Corte di Cassazione ha condannato un condomino per aver disturbato gli altri residenti con radio e tv a volume altissimo anche durante la notte, diverso è l'esito a cui la terza sezione penale, con il provvedimento n. 30156/2017 (qui sotto allegata) è giunta nei confronti di un condomino condannato per il reato di cui all'art. 659 del codice penale.
Nel caso di specie, i rumori lamentati dai vicini riguardavano un accertato "rumore di biglie che rotolano a colpi ripetuti", tuttavia, secondo la difesa, affinché sussista il richiamato reato in ambito condominiale è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti del medesimo edificio.
Il reato ex art. 659 comma 1 del codice penale
La Cassazione rammenta che il reato ex art. 659, comma 1, c.p. si configura come reato di pericolo presunto per il cui perfezionamento è necessario che le emissioni sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità, indipendentemente da quanti se ne possano in concreto lamentare.
Il legislatore tutela la pubblica quiete richiedendo dunque l'assenza di disturbo per la pluralità dei consociati: è necessario, dunque, che i rumori abbiano una diffusività tale che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a turbare non già la tranquillità del singolo soggetto che si dolga della rumorosità prodotta da altri, bensì a essere risentito dalla collettività.
In tale accezioni si ricomprendono le persone che si trovano in zone limitrofe o vicine all'ambiente da cui proviene la fonte sonora e la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso si effettua in base alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica.
Condominio: i rumori devono disturbare un numero indeterminato di persone
Gli Ermellini, in base a tali principi, precisano che se il disturbo avviene all'interno di un edificio condominiale, come nel caso di specie, affinché sia integrato il reato non basta che i rumori disturbino o possano turbare la quiete e le occupazioni solo degli abitanti dell'appartamento sottostante o sovrastante la fonte di propagazione.
Occorrono, invece, rumori atti a recare disturbo a una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, anche se concretamente solo taluna se ne possa lamentare, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica.
Per dimostrare questa circostanza, il giudice non deve necessariamente avvalersi di una perizia o consulenza tecnica, ben potendo fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.
Nel caso di specie, la diffusa capacità offensiva del rumore delle biglie rotolanti non è stata accertata, così come l'incidenza e l'idoneità di propagazione in concreto nell'ambito dell'intero edificio con oggettiva intensità.
Per il Collegio, ai fini del reato è necessaria una situazione fattuale di rumori che recano disturbo a una parte potenzialmente indeterminata di soggetti e non ai soli vicini occupanti un appartamenti limitrofo, come avvenuto nel caso di specie per i due condomini del piano inferiore e della casa accanto a quella dell'imputata.
Il disturbo solo di alcune persone definite può, semmai, costituire illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurgere a violazione penalmente sanzionabile. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio, poiché non ha motivato circa la capacità diffusiva dei rumori all'interno dello stabile condominiale, del numero degli appartamenti da cui è costituito, dell'intensità e della ripetitività delle emissioni sonore, non consentendo di evincere la sussistenza degli elementi costitutivi del reato con riferimento all'idoneità dei rumori a turbare la pubblica quiete.
Cassazione sentenza n. 30156/2017Cassazione, sentenza n. 28670/2017
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