di Marina Crisafi - Non commette reato il maniaco al parco chi compie atti di autoerotismo davanti ad alcune ragazzine minorenni. Lo ha stabilito la Cassazione con una sentenza di oggi (la n. 30798/2017 sotto allegata) cancellando la condanna per atti osceni a carico di un cittadino moldavo.
La vicenda
Nella vicenda chiara, l'uomo è stato beccato in tre occasioni a compiere atti di autoerotismo, a volte all'interno della sua auto, parcheggiata sulla strada, e altre all'interno di un parco pubblico. In tutte le occasioni, l'imputato era consapevole della presenza di alcune minorenni.
Tutto ciò è ritenuto sufficiente dai giudici di primo e secondo grado per arrivare ad una condanna per atti osceni. Ma i giudici di legittimità sono di parere diverso: secondo loro infatti va applicata al caso di specie la depenalizzazione introdotta col decreto legislativo n. 8/2016.
Niente atti osceni se il luogo non è abitualmente frequentato dai minori
La terza sezione penale ricorda innanzitutto come successivamente all'adozione della sentenza impugnata, il quadro normativo di riferimento sia stato sensibilmente inciso dall'intervento del legislatore il quale, con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 8 del 2016 ha derubricato l'ordinaria ipotesi criminosa prevista dall'art. 527 c.p. da delitto a mero illecito amministrativo.
La depenalizzazione, peraltro, spiegano dal Palazzaccio "ha avuto ad oggetto non l'intera previsione normativa descritta dall'art. 527 cod. pen., ma solamente la fattispecie di cui al primo comma, conservando, invece, valenza penale l'ulteriore ipotesi, prima costituente forma aggravata del reato base, disciplinata dal primo capoverso dell'art. 527 c.p.
Rilevato questo, osservano quindi gli Ermellini, nel caso in questione, la condotta dell'uomo, sebbene veda "come soggetti passivi delle condotte delle bambine o comunque delle adolescenti", non è stata realizzata, come locus commissi delicti in un ambito territoriale "abitualmente frequentato da minori" come, invece, impone, il secondo comma dell'art. 527 c.p., affinchè il compimento di atti osceni conservi la sua rilevanza penale.
La nozione di luogo abitualmente frequentato da minori
Sulla nozione di luogo "abitualmente frequentato da minori", ritiene il Collegio che nonostante la stessa vada tenuta distinta da quella di "prevalentemente frequentato da minori", deve comunque intendersi un luogo connotato da una frequentazione nel senso "di una certa sua elettività e sistematicità, tale da fare ritenere 'abituale', quindi 'attesa' ovvero 'prevista' sulla base di una valutazione significativamente probabilistica, la specifica presenza di minori in tale ubicazione". Così, ad esempio, possono ritenersi luoghi abitualmente frequentati da minori, le vicinanze di un edificio scolastico, piazze o strade centro di aggregazione giovanile, ecc.
In altre parole, spiegano ancora gli Ermellini, "affinché ricorra il predetto requisito della abitualità della frequentazione del luogo da parte dei minori non è sufficiente - laddove non si voglia diluire il concetto sino a farlo sostanzialmente coincidere con quello di luogo aperto o esposto al pubblico, in tal modo trascurando la evidente volontà del legislatore che ha inteso conservare la rilevanza penale solamente a quelle condotte che presentino una potenziale maggiore offensività - che ivi si possa trovare un minore, ma è necessario che, sulla base di una attendibile valutazione statistica, sia altamente probabile che il luogo presenti la presenza di più soggetti minori di età".
Da qui, l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna e la trasmissione degli atti al prefetto per l'irrogazione della sanzione amministrativa.
Cassazione, sentenza n. 30798/2017
• Foto: 123rf.com