di Valeria Zeppilli - La questione dei vaccini è da mesi protagonista dei dibattiti politici, medici, familiari e non solo. E la discussione è destinata ad "infuocarsi" ancor di più alla luce della sentenza (qui sotto allegata) che la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha depositato il 21 giugno 2017 nella causa C-621/2015.
Vaccini: bastano gli indizi
I giudici europei, infatti, sono stati chiamati dai giudici di legittimità francesi a valutare la compatibilità con la normativa dell'Unione in materia di prodotti difettosi di un regime probatorio che, in mancanza di consenso scientifico, pone in capo a chi asserisce di essere stato danneggiato da un vaccino l'onere di provare il danno, il difetto e il nesso di causalità e dà al giudice la possibilità di decidere su quest'ultimo in base ad indizi gravi, precisi e concordanti.
Per la Corte la risposta deve essere affermativa: in mancanza di prove certe e inconfutabili gli indizi bastano purché il loro complesso consenta al giudice "di ritenere, con grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà".
Niente automatismi
Tuttavia bisogna guardarsi bene dall'istituire un metodo di prova per presunzioni.
L'interpretazione dei giudici europei, infatti, è volta a rendere utile la normativa UE e a garantire che i rischi inerenti alla produzione tecnica moderna siano ripartiti equamente tra danneggiato e produttore. Ciò, però, non vuol dire che i legislatori e i giudici degli Stati membri possano istituire un metodo di prova per presunzioni con il quale stabilire che l'esistenza di un nesso di causalità possa discendere automaticamente dalla presenza di alcuni indizi concreti predeterminati.
CGUE testo sentenza del 21 giugno 2017• Foto: 123rf.com