Una conferma del principio si trova nella sentenza in commento (Cass. civ. n. 12490/2017).
Nei primi due gradi di giudizio la domanda di risarcimento viene respinta siccome manca, a parere dei giudici, la prova del nesso causale tra fatto ed evento.
La fattispecie
Il caso è questo.
Parte attrice viene ricoverata in ospedale perché affetta da convulsioni; tornata presso questa struttura dopo essere stata presso una diversa struttura di ricovero per effettuare una tac, spunta una frattura alla spalla.
La Corte rigetta la domanda, sul presupposto della mancanza di prova di integrità dell'apparato osseo al momento del ricovero; inoltre considerando il fatto che chi soffre di crisi convulsive ben può provocarsi fratture (anche se, in stato comatoso, può non essere in grado di spiegarle); altresì per il fatto che la paziente lamenta dolori solo il giorno dopo rispetto al ricovero, non essendovi prova di un diretto collegamento tra l'evento lesivo e la degenza nella struttura ospedaliera.
La decisione della Cassazione
La questione, passata all'esame della Suprema Corte, riporta alla regola aurea vigente in materia: l'onere della prova.
In base a questa regola (il riparto dell'onere probatorio), incombe sulla parte attrice dimostrare che le condizioni del paziente fossero integre dal punto di vista osseo al momento dell'ingresso nella struttura ospedaliera ospitante, inoltre che la frattura (o qualsiasi altro tipo di lesione) sia imputabile alla condotta del medico operante all'interno di quella struttura.
In pratica
Se il nesso causale tra condotta e lesione rimane indefinito, la domanda giudiziale perde la sua forza.
Il consiglio, per i casi analoghi: agire per il risarcimento solo se si è certi di poter dimostrare con chiarezza il nesso causale tra la condotta del sanitario ed evento dannoso.
A tal proposito, ricorrere preventivamente al consiglio esperto di un medico legale, al fine di appurare l'esistenza del nesso in questione.
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