di Lucia Izzo - È legittima l'iscrizione obbligatoria alla Cassa Forense per chi è iscritto all'albo professionale e il versamento di un contributo minimo slegato dal reddito. È quanto stabilito dal Tribunale di Roma, sezione lavoro, nella sentenza n. 4805/2017 (qui sotto allegata).
La vicenda
Il giudice capitolino si è pronunciato sulla vicenda a seguito del dichiarato difetto di giurisdizione da parte del T.A.R. Lazio, il quale aveva evidenziato trattarsi di materia di ordine e natura previdenziale. Oggetto della vertenza è infatti l'iscrizione automatica alla Cassa Forense per tutti gli avvocati iscritti in albi professionali, circostanza che impone il pagamento del contributo minimo obbligatoria alla Cassa stessa, del tutto svincolato da una valutazione sul reddito, a pena di cancellazione dall'albo.
L'avvocato ricorre contro il Ministero del Lavoro, dell'Economia e delle Finanze e della Giustizia, nonché nei confronti della Cassa Nazionale Forense e del Consiglio Nazionale Forense, lamentando l'illegittimità di tale disciplina e ritenendo non dovuta la contribuzione relativa al triennio 2014-2016.
Il professionista chiede sia annullato il Regolamento della Cassa Forense attuativo dell'art. 21, commi 8 e 9, L. 247/2012, norma che sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione del principio di legalità e del canone di ragionevolezza, nonchè per violazione degli artt. 33 e 41 Cost. Soggiunge inoltre la richiesta di adire sul tema la Corte di Giustizia UE.
In sostanza, si contesta la circostanza che la Cassa possa pretendere contributi non regolati in base al reddito professionale, poiché tali spese "fisse" risultano piuttosto ingenti soprattutto per i giovani avvocati, e il mancato pagamento costringe alla cancellazione dall'albo professionale.
Contribuzione previdenziale non assimilabile ai tributi
Tuttavia, secondo il Tribunale di Roma, il ricorso va respinto poiché infondato. La disciplina viene considerata pienamente legittima, in quanto proprio le disposizioni costituzionali invocate dall'istante "impongono di ritenere che, nel nostro ordinamento, all'espletamento di attività latu sensu lavorativa, sia essa intellettuale o manuale, esercitata in forma autonoma o subordinata, dietro pagamento di corrispettivo, debba accompagnarsi la copertura previdenziale.
Ciò sarebbe giustificato da "ragioni di tutela di posizioni indisponibili del singolo (tutela avverso la vecchiaia, la malattia, l'invalidità e per i superstiti) e, quindi, a prescindere se, poi, in concreto, al singolo potrà o meno essere erogata una qualche prestazione (ex art. 38 Cost.; cfr. Cass. n. 2939/2001)".
Un assunto confermato dalla Corte Costituzionale che in diverse pronunce ha ribadito che la contribuzione previdenziale non è assimilabile all'imposizione tributaria vera e propria, di carattere generale, ma è da considerare quale prestazione patrimoniale avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori interessati.
Avvocati, contributo minimo risponde a esigenze di solidarietà
La Cassa, d'altronde, non ha natura tributaria, non usufruisce di finanziamenti pubblici o altri ausili di carattere finanziario, collocandosi nel sistema quale ente senza scopo di lucro con personalità giuridica di diritto privato deputata a svolgere l'attività previdenziale e assistenziale con autonomia organizzativa amministrativa e contabile nel rispetto delle norme di legge. Il versamento della contribuzione in sostanza consentirebbe alla Cassa di raggiungere le sue finalità istituzionali.
Ancora, precisa il Tribunale, "la necessità di assicurare un trattamento pensionistico a tutti gli iscritti impone la correlata esigenza di imporre un contributo minimo obbligatorio, senza il quale la Cassa, al fine di assicurare il pareggio di bilancio, sarebbe tenuta ad aumentare in modo irragionevole la contribuzione richiesta agli avvocati che producono maggior reddito professionale".
La previsione di un obbligo di contribuzione a carico di tutti gli avvocati sarebbe dunque legittimata dal principio di solidarietà che informa l'intero sistema previdenziale forense e ciò legittimerebbe, a sua volta, la normativa che fissa dei minimi contributivi sganciati dalla progressività e proporzionalità con il reddito professionale.
Da respingere anche la doglianza sulla presunta violazione della normativa comunitaria, poichè "l'iscrizione alla Cassa non è un ostacolo alla concorrenza né crea discriminazioni tra gli operatori della medesima categoria professionale, una volta accertato che tale iscrizione è obbligatoria per tutti costoro e che, il regolamento di attuazione prevede una disciplina più leggera per chi si trova in condizioni economiche meno favorevoli".
Tribunale di Roma, sent. n. 4805/2017• Foto: 123rf.com