Il lucro cessante attiene proprio a quest'ultimo aspetto, ovvero il mancato guadagno che si sarebbe prodotto se l'inadempimento non fosse stato posto in essere.
Leggi anche Il danno emergente e il lucro cessante: cosa sono e quali sono le differenze
- Il lucro cessante: definizione
- Il risarcimento del lucro cessante
- La giurisprudenza in tema di lucro cessante
Il lucro cessante: definizione
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Con l'espressione lucro cessante si intende il mancato guadagno, che scaturisce dall'inadempimento o dall'illecito posto in essere dall'obbligato ad eseguire la prestazione.
Presupposto essenziale è, dunque, l'inadempimento o il ritardo ma finanche l'illecito posto in essere dall'obbligato, dal quale scaturisce la mancata produzione di reddito per l'altra parte.
Questo reddito non fa ancora parte del patrimonio del titolare del diritto al risarcimento, ma rappresenta comunque una ricchezza che si sarebbe ragionevolmente prodotta.
può essere rinvenuto in una molteplicità di circostanze tra le quali si annoverano, a titolo esemplificativo, l'impossibilità di utilizzare un bene dalla quale potrebbe scaturire la mancata percezione di frutti, nella mancata realizzazione di rapporti contrattuali oppure nei cd. "danni futuri" che sono quelli che conseguono alla perdita o alla drastica diminuzione della capacità lavorativa ma finanche alla capacità di versare prestazioni assistenziali.Il risarcimento del lucro cessante
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Partiamo dal presupposto che elemento essenziale ai fini del risarcimento del danno è l'accertamento del nesso causale tra evento e danno, poiché giova rammentare che il mancato guadagno, così come il danno emergente, deve essere una conseguenza immediata e diretta del fatto.
Parametro normativo di riferimento è l'art. 2056 c.c. il quale dispone che "Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227. Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso".
Dunque il giudice, ai fini della liquidazione, dovrà dapprima accertare il fatto (circostanza che può implicare un gravoso onere probatorio) per poi provvedere alla quantificazione del danno che, laddove difficoltosa, potrà avvenire con criterio equitativo.
La giurisprudenza in tema di lucro cessante
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La giurisprudenza in materia di lucro cessante è copiosa.
Esordiamo con la disamina di una recente pronuncia della Cassazione, dalla quale si apprende che "In conformità al più recente orientamento, va dunque riaffermato il principio secondo cui il danno derivante dall'indisponibilità di un autoveicolo durante il tempo necessario per la riparazione, deve essere allegato e dimostrato da colui che ne invoca il risarcimento, il quale deve provare la perdita subita dal suo patrimonio in conseguenza della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo (danno emergente) oppure il mancato guadagno derivante dalla rinuncia forzata ai proventi che avrebbe conseguito con l'uso del veicolo (lucro cessante)" (Cassazione civile, n. 13718/2017).
Ancora, sempre la giurisprudenza di legittimità, ha rilevato che "Il danno da 'mala gestio' dell'assicuratore della r.c.a. deve essere liquidato, allorchè il credito del danneggiato già al momento del sinistro risultava eccedere il massimale, attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul massimale, ovvero, in alternativa, attraverso la rivalutazione dello stesso, se l'inflazione è stata superiore al saggio degli interessi legali, in applicazione art. 1224 c.c., comma 2, mentre, se lo stesso era originariamente inferiore al massimale e solo in seguito è levitato oltre tale soglia, il danno è pari alla rivalutazione del credito, cui va aggiunto il danno da lucro cessante liquidato secondo i criteri previsti per l'ipotesi di ritardato adempimento delle obbligazioni di valore" (Cassazione civile, n. 10221/2017).
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