di Paolo M. Storani - Continuano a registrarsi decisioni dei giudici di merito che sembrano proprio voler ignorare il disposto di cui all'art. 91 c.p.c. secondo cui "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa".
Questa volta è il Tribunale di Sulmona (nella sentenza n. 285/2017 sotto allegata) ad aver dato ragione a un'azienda (respingendo in toto la domanda attorea) per poi compensare le spese di giudizio "non essendovi stata adesione da nessuna delle parti alla proposta conciliativa" (proposta che peraltro prevedeva anch'essa immotivatamente una compensazione delle spese di giudizio).
La vicenda
La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzati da un anziano signore che aveva acquistato un montascale. Nell'atto introduttivo aveva contestato l'inesatta esecuzione del contratto stipulato per l'installazione ed aveva chiesto la condanna della ditta esecutrice del lavoro ad adempiere esattamente l'obbligazione pattuita oltre al risarcimento danni indicato in 5mila euro.
La ditta convenuta aveva contestato la domanda deducendo che il montascale era stato montato secondo le previsioni contrattuali e che non presentava vizi o difetti di alcun tipo.
Il Tribunale aveva dunque disposto una consulenza tecnica d'ufficio da cui era emerso che il montascale era "stato montato non contravvenendo le previsioni contrattuali e la normativa tecnica di settore" e che "allo stato attuale il montascale posto in opera appare esente da vizi o difetti".
La decisione
A seguito della CTU il giudice formulava una proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. sulla cui base il ricorrente avrebbe dovuto corrispondesse una somma all'azienda per eseguire i lavori richiesti desiderati (extracontratto) ma le spese legali e di CTU sarebbero state compensate.
La proposta non veniva accettata perché era risultava economicamente penalizzante nei riguardi della ditta convenuta dato che l'ammontare delle spese di CTU da ripartire (circa 2mila euro) e le spese legali compensate paradossalmente avrebbero determinato una perdita economica nonostante le risultanze positive della CTU che lasciava prevedere un ovvio esito positivo del giudizio.
La decisione del 6 luglio 2017 (la disuniformità tra data del verbale, 15 giugno 2017, e la suddetta data del deposito in Cancelleria è verosimilmente frutto di un refuso) è stata, infatti, quella del rigetto totale delle domande attoree (risultato certamente migliore della proposta conciliativa), ma con le spese compensate.
In barba ai diritti della parte convenuta!
Altre annotazioni su questa sentenza
Schematicamente, per fornire qualche ulteriore annotazione in margine alla decisione peligna, la vicenda può essere così compendiata.
1. Il ricorrente (è l'attore, ma siamo nel rito sommario di cognizione) invoca un inadempimento contrattuale, o meglio un inesatto adempimento, in ordine ad un contratto relativo ad un montascale a poltroncina.
2. Il medesimo istante richiede, altresì, il risarcimento di un danno non patrimoniale correlato all'inadempimento (o al non preciso adempimento), consistente in asserita sofferenza (disagio) fisio-psichica scatenata dalla vicenda contrattuale.
3. La ditta convenuta sostiene di avere correttamente adempiuto all'obbligazione, installando in modo corretto il montascale.
4. Il CTU accerta che il lavoro è stato compiuto a regola d'arte, in conformità alla relativa normativa anche di sicurezza, e che nessun inadempimento sussiste.
5. Il giudice formula una proposta conciliativa: pagamento a carico dell'attore di una somma (€1.350,00) per il prolungamento dell'apparecchiatura (vale a dire un lavoro in più, non calcolato all'inizio del lavoro), equivalente al costo vivo del pezzo necessario all'incombente, con manodopera di lavorazione a carico della ditta convenuta, che dovrà poi tenersi sulle spalle anche metà del costo non indifferente della CTU e le spese e le competenze del proprio avvocato di fiducia, tutte poste pregiudizievoli provocate dall'iniziativa del ricorrente, che, per assurdità, risulta premiato.
6. La ditta convenuta, ovviamente, non accetta la proposta del giudice in quanto penalizzante.
7. All'udienza dell'8 marzo 2017 si apprende che il ricorrente ha sostituito l'intero impianto, ossia il binario e la poltroncina del montascale, talché sotto il versante contrattuale la vicenda dovrebbe tranquillamente avviarsi verso la declaratoria di cessazione della materia del contendere (e relativa liquidazione di spese e compensi, a titolo di c.d. soccombenza virtuale, come da pacifica giurisprudenza).
7.1. Date queste premesse, l'epilogo corretto sarebbe stato la condanna del ricorrente a rifondere le spese e le competenze, con l'aggravio d'imperio fors'anche del danno punitivo ai sensi dell'art. 96, 3° co., c.p.c., stante la temerarietà della lite.
8. Oltretutto, la causa va in decisione sulla sola condanna al risarcimento dei danni, del tutto indimostrati.
9. Il giudice erra quando specifica che la pretesa azionata in giudizio sia stata soddisfatta dall'"obbligato", quando è stato il ricorrente ad effettuare la sostituzione dell'opera, che pure, stando al CTU, era esente da vizi - difetti.
Tant'è che si contraddice all'ultima riga di pag. 6), ove correttamente viene riportato che l'iniziativa fu del ricorrente "il quale sostituisce l'intero impianto".
9.1. Il tribunale, inoltre, nel tentativo di motivare in qualche modo la compensazione integrale delle spese di lite, adopera un'altra espressione che ci lascia perplessi: "non essendo stata raggiunta la prova da ambedue le parti".
Ma questo non sembra corrispondere alle risultanze processuali in quanto l'installatore convenuto non aveva formulato proprio nessuna domanda al di fuori della reiezione della domanda (e meglio, delle domande) del ricorrente: "si costituiva il convenuto con comparsa depositata il 27.06.2014 con la quale, previa eccezione preliminare d'incompetenza del Tribunale adito, .. contestava la pretesa attore a chiedendo il rigetto della domanda... e conseguentemente chiedeva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite".
Tant'è che la convenuta ha dato la dimostrazione della totale infondatezza della domanda del ricorrente, come lo stesso iter motivazionale riferisce in ordine alle risultanze della CTU e delle prove orali.
Infine, si pone in risalto come, in una singolare circolarità, la compensazione nelle spese di lite poggi sulle friabili fondamenta del non aver accettato una proposta conciliativa che prevedeva la compensazione delle spese!!!
Purtroppo, pronunce come quella qui in commento si succedono con sempre maggior frequenza, con effetti destabilizzanti per la Giustizia civile.
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- L'articolo 185-bis del codice di procedura civile e la proposta conciliativa del giudice
Tribunale Sulmona, sentenza n. 285/2017• Foto: 123rf.com