di Marino Maglietta - Della recente ordinanza del Tribunale di Castrovillari del 23/6/2017 (leggi: "Affido condiviso: il minore resta a casa, mamma e papà si alternano") è stata comprensibilmente commentata soprattutto la rinnovata adozione del "modello del nido" (nesting model), non nuovo, anche se raramente stabilito.
Affidamento condiviso: no al genitore prevalente
Tale modello comporta, di per sé, una pariteticità di tempi (i genitori coabiteranno con il minore nella casa familiare alternativamente per una settimana ciascuno), per cui sotto il profilo della valenza che può avere un provvedimento del genere ai fini di un suo eventuale allineamento con letture recenti dell'affidamento condiviso (Brindisi, Salerno) contano di più le circostanze e le motivazioni che lo accompagnano che non la decisione in sé. E' quello che ci si propone di osservare.
Anticipando in parte le conclusioni, si direbbe che il tribunale si avvicini a quegli orientamenti, ma che non li abbia ancora compiutamente fatti propri; probabilmente perché le parti stesse avevano già interiorizzato in larga misura i principi dell'affidamento condiviso e questo può avere alleggerito le responsabilità dei giudici e la necessità di una motivazione maggiormente approfondita e articolata.
In concreto, si afferma che "tale soluzione ... appare nella specie meritevole di approvazione; essa, da un lato, assicura un rapporto del figlio con i genitori scevro dall'acquisizione di qualsivoglia posizione di prevalenza dell'uno (genitore "collocatario") nei confronti dell'altro (genitore "non collocatario"); dall'altro, non presenta alcuna controindicazione logistica nella particolare situazione di specie, atteso che entrambi i genitori vivono e lavorano nella città di residenza familiare". Fin qui, tutto bene.
Nel senso che il tribunale considera negativamente la discriminazione tra i genitori legata alla collocazione prevalente, implicitamente facendo proprie le crescenti critiche a un assetto che sbilancia la famiglia separata, gravando un genitore di responsabilità largamente maggiori e pressoché esonerandone l'altro; e con ciò sottraendo ai figli il diritto alla bigenitoralità. Né può considerarsi riduttiva la successiva considerazione, che sembra far dipendere l'adozione della frequentazione paritetica dalle particolarità del caso. Così non è, tuttavia, perché è ovvio i modelli equilibrati hanno la priorità, ma a condizione che siano concretamente applicabili, ovvero, ad es., che la distanza tra le abitazioni dei genitori lo consenta. Non a caso ciò si legge anche nelle linee guida del Tribunale di Brindisi.
Mantenimento figli: la divisione temporale è solo uno dei parametri
Prosegue, quindi, la motivazione, osservando che "la collocazione temporalmente paritetica dei genitori col figlio esime dalla necessità di prevedere un contributo ordinario dell'uno (non collocatario) a favore dell'altro (collocatario) al fine di salvaguardare quest'ultimo dalle maggiori spese che egli affronta in ragione della maggiore consistenza di tempi di coabitazione con il minore".
In questo caso, viceversa, il ragionamento non appare condivisibile, almeno per come sembra presentarsi. La divisione temporale della presenza dei figli presso ciascun genitore è solo uno dei parametri da considerare in vista della ripartizione del contributo al mantenimento dei figli.
E questo può avvenire tranquillamente in forma solo diretta - senza assegni perequativi - anche quando i tempi sono diversi proprio in virtù dell'esistenza di altri parametri che possono essere adottati in funzione perequativa. A partire dal reddito; ma anche dall'assunzione dei compiti di cura non necessariamente legati al tempo.
Se così non fosse, si dovrebbe concludere che il genitore meno presente - anche di pochissimo - deve comunque erogare del denaro all'altro anche se dieci volte più abbiente. In altre parole, l'attribuzione oculata per intero dei capitoli di spesa a ciascuno dei genitori permette di operare le dovute compensazioni senza ricorrere all'assegno. Ma questo, ed è il fatto più curioso, il tribunale lo sa benissimo, tanto è vero che utilizza subito dopo tale accorgimento, quando "pone interamente a carico del .... (allo stato percettore di maggiore reddito rispetto al coniuge) l'onere dei costi delle utenze e delle eventuali spese condominiali relative alla casa familiare".
Considerando, infine, che quella coppia si era già organizzata per provvedere pariteticamente alle spese non legate alla convivenza non sembra il caso di dare troppa importanza alla residua decisione in merito ad esse, che riproduce la prassi tradizionale, con divisione al 50% delle spese cosiddette straordinarie, anziché attribuire per intero quelle prevedibili e lasciare le imprevedibili a una ripartizione proporzionale ai redditi al momento in cui si verifichino.
Pare, quindi, di poter concludere che complessivamente Il Tribunale di Castrovillari si colloca nella scia degli orientamenti giurisprudenziali di Brindisi e Salerno.
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