di Valeria Zeppilli - La riforma del processo penale in vigore dal prossimo 3 agosto ha introdotto nel nostro ordinamento l'estinzione del reato per condotte riparatorie, che permette al giudice di dichiarare penalmente estinto un illecito nel caso in cui l'imputato provveda alla riparazione integrale del danno con la restituzione o il risarcimento, eliminando anche le conseguenze dannose o pericolose del reato, ove possibile.
Sebbene il giudice debba sentire le parti e le persone offese, il rifiuto del risarcimento da parte di queste ultime non gli impedisce di dichiarare l'estinzione ove reputi la somma congrua.
Estinzione delle lesioni personali colpose
I reati potenzialmente interessati dalla novità sono tutti quelli procedibili a querela non revocabile (leggi: "Reati: ecco tutti quelli che potranno essere estinti") e tra di essi rientrano anche le lesioni personali colpose.
L'articolo 590 del codice penale, infatti, prevede la regola generale della perseguibilità a querela della persona offesa nei confronti di chi cagiona ad altri per colpa una lesione.
Bisogna però considerare che la stessa norma prevede anche una rilevante eccezione: se le lesioni sono gravi o gravissime e derivano dall'inosservanza delle norme sugli infortuni sul lavoro o da malattia professionale, il reato è perseguibile d'ufficio e non è interessato dalla novità.
Termini per la riparazione
In ogni caso, laddove sia operante la nuova causa di estinzione del reato, essa richiede comunque che la riparazione integrale avvenga al massimo entro il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, a meno che l'imputato dimostri di non aver potuto adempiere nel termine ordinario per fatto a lui non addebitabile. In tal caso, il giudice può fissare un ulteriore termine che comunque non può eccedere i sei mesi e durante il quale il processo resta sospeso, così come la prescrizione. La nuova udienza è fissata alla scadenza del termine accordato, non oltre novanta giorni dalla stessa.