E' opportuno fare chiarezza su questo punto allora, per comprendere un po' di più cosa si intende per rescissione e per risoluzione contrattuale.
Rescissione e risoluzione contrattuale: le differenze
La rescissione del contratto, ai sensi dell'art. 1447 e 1448, è un rimedio relativo a delle patologie del contratto in quanto "atto" e si verifica quando esso è stato concluso in circostanze anomale e a condizioni economiche inique (sproporzionate). Possiamo individuare quali circostanze anomale, uno stato di bisogno e/o uno stato di necessità. Tale rimedio rende invalido il contratto.
La risoluzione del contratto, invece, agisce contro le patologie del contratto in quanto "rapporto". A differenza della rescissione esso è stato concluso in condizioni "normali". Questo rimedio può essere esercitato se sussiste almeno uno dei seguenti casi previsti dal codice civile:
- Inadempimento di una delle parti in caso di contratto a prestazioni corrispettive (cfr. art. 1455);
- Impossibilità sopravvenuta della prestazione (cfr. art. 1463);
- Eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione (cfr. artt. 1467 e ss.).
Un contratto, però, può anche essere risolto di diritto: è il caso in cui le parti abbiano stabilito nella conclusione dello stesso delle clausole. Una di queste è proprio la clausola risolutiva espressa. Infatti in diritto non esiste alcuna clausola "rescissioria": questo è solo un termine da "bar" o ancora peggio utilizzato da giornalisti, che rischia di confondere le idee.
La clausola risolutiva espressa, con la manifestazione di volontà da parte dell'interessato di avvalersene, mira a risolvere il contratto di diritto (cioè senza intervento giudiziale) quando un'obbligazione nascente da quel contratto e prevista dalla stessa clausola non viene adempiuta (obbligazioni determinate).