Il caso
Tralasciamo volutamente alcune parti della sentenza.
Diversi capi di imputazione si leggono nel preambolo e ci interessa più da vicino quello attinente al fatto che l'interessato illegalmente deteneva e portava in luogo pubblico due munizioni da guerra consistenti in cartucce per il caricamento di pistola Beretta calibro 9 parabellum.
Il tutto commettendo il fatto in violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione di Ispettore dei Carabinieri, in servizio presso un Reparto Operativo.
Gli argomenti difensivi
Questa, in sintesi, la linea difensiva sui primi due motivi scelta in occasione del ricorso in Cassazione:
1) violazione di legge ex art. 606 lett. b. c.p.p. in relazione agli artt. 2 legge 895/67 e 1 legge 110/75, 25 - 103 Cost., 649 c.p.p., in quanto i proiettili calibro 9x19 parabellum devono essere qualificati come munizionamento di arma comune da sparo vista la giurisprudenza di legittimità sul punto e del d.m. 13.06.2003 che ha integrato la legge 185/90, nonché la deliberazione del Banco Nazionale di Prova di Gardone Valtrompia dell'01.03.2013 da cui si deduce che la pistola calibro 9x19 parabellum non è commercializzabile in Italia per i soli privati solo in quanto si tratta di arma in dotazione alle Forze Armate e Forze dell'Ordine e non per le sue caratteristiche intrinseche (la conseguenza di questa tesi è che il ricorrente avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 166 c.p.m.p. visti i due proiettili in più nella dotazione ordinaria, reato per il quale era stato deferito anche all'A.G. militare e dal quale risultava prosciolto con sentenza definitiva);
2) la corretta qualificazione come proiettili di arma comune da sparo permette di ritenere come il caricatore non possa essere considerato parte dell'arma ma suo accessorio, con la conseguenza che la sua detenzione non può essere considerata reato (alla luce del d. lgs. 204/2010 che ha eliminato la parola caricatore dall'elenco delle parti di arma, rendendo così possibile la libera detenzione ed il porto in luogo pubblico dello stesso).
La decisione della Corte
1) Sul motivo 1, la giurisprudenza seppure più recente ritiene qualificabile come arma comune da sparo la pistola semiautomatica Beretta cal. 9x9 parabellum e, quindi, il relativo munizionamento come munizionamento per arma comune da sparo.
Perché è mutato l'orientamento rispetto alla precedente linea interpretativa della Cassazione?
Ebbene, il cambiamento di prospettiva deriva dal fatto che il criterio della spiccata potenzialità offensiva (che caratterizza la definizione normativa di arma da guerra e delle munizioni destinate al loro caricamento) è stato contraddetto dalla pacifica qualificazione normativa come arma comune da sparo della pistola semiautomatica calibro 9x21, liberamente commerciabile nel mercato interno, che costituisce un modello di arma corta da fuoco con caratteristiche identiche a quelle del modello 9x19, rispetto al quale l'unica differenza è rappresentata dal fatto di essere camerata per le cartucce calibro 9x21 IMI, dotate di bossolo più lungo di 2 mm e di una potenza di sparo non inferiore a quella della cartuccia 9x19 parabellum.
Ma gli argomenti della Corte sono anche altri: percorrendo un dedalo normativo e giurisprudenziale i Giudici ricordano che il criterio dell'intrinseca potenzialità offensiva (su questo specifico argomento) non ha più ragione d'essere, allo stato attuale.
In effetti, l'esclusione di questo criterio (tipico del munizionamento per armi da guerra) è confermata dal fatto che in commercio nel mercato italiano si trovano munizioni per arma comune da sparo dotate di una superiore capacità di offesa alla persona (es: calibro 357 magnum 9x33 mm R) liberamente detenibili da privati ovviamente nel rispetto della normativa di P.S.
Inoltre, per il fatto che armi lunghe da fuoco camerate per lo stesso calibro 9x19 parabellum (es: carabina Thureon Defense di fabbricazione statunitense) hanno ottenuto dal Banco nazionale di Prova di Gardone Valtrompia la certificazione di armi comuni da sparo importabili e commerciabili in Italia.
La conclusione della Corte
La conclusione, per cui la qualificazione in termini di arma da guerra della semiautomatica camerata per l'utilizzo di munizionamento 9x19 parabellum non può discendere dal suo (inesistente) carattere di arma destinata all'uso bellico, trova una conferma nel fatto che la disciplina normativa è contenuta non nell'art. 1 legge 110/75 (che definisce la armi da guerra, le armi tipo guerra e le munizioni da guerra) ma nell'art. 2, che definisce le armi e munizioni comuni da sparo prevedendo, al comma 2, il divieto di fabbricazione, introduzione e vendita del relativo modello di arma corta da fuoco salvo che siano destinate alle forze armate o ai Corpi armati dello Stato, ovvero all'esportazione.
Se mancasse questo divieto, quelle stesse armi sarebbero commerciabili nello Stato secondo la disciplina delle armi comuni da sparo, posto che se si trattasse di armi da guerra ex art. 1 sarebbe inibita l'importazione e la vendita ai privati dalla relativa qualità, senza la necessità di stabilire un apposito divieto.
In pratica
Il divieto assoluto stabilito dalla normativa nazionale di acquistare, detenere e portare, con le debite autorizzazioni, il modello di pistola calibro 9 parabellum è funzionale ad assicurarne la destinazione esclusiva alla dotazione delle forze armate e di polizia.
La disciplina assolve così alla funzione non di tutelare la sicurezza pubblica ma di permettere la riferibilità (o meno) all'azione delle forze armate o di polizia in caso di sparo o conflitto a fuoco.
La destinazione, per quanto esclusiva, all'armamento delle forze armate non può assumere (nel caso della semiautomatica cal. 9 parabellum) alcun ruolo decisivo per classificarla come arma da guerra.
Il tutto senza dimenticare che il Banco Nazionale di Prova, prima ricordato, ha la competenza per legge di verificare, per ogni arma prodotta, importata e commercializzata in Italia, la qualità di arma comune da sparo.
In definitiva, il primo motivo di ricorso viene accolto: la detenzione delle cartucce va riqualificata ai sensi dell'art. 697 c.p. (già estinta per prescrizione).
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