di Valeria Zeppilli - Come chiarito qualche mese fa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Varese con la sentenza numero 310/2017, il decreto legislativo numero 546/1992, al comma 2 dell'articolo 11 (nella veste assunta a seguito della riforma apportata dal decreto legislativo numero 156/2015), impedisce agli agenti per la riscossione di costituirsi in giudizio con avvocati esterni per le cause successive al 1° gennaio 2016 che vedono come controparti i contribuenti. La rappresentanza giudiziale, in altre parole, va garantita esclusivamente dal personale interno.
Carenza di legitimatio ad processum
Tale regola assume una rilevanza fondamentale, se solo si considera gli spiragli di vittoria che possono aprirsi ai contribuenti nel caso in cui possano far valere l'inutilizzabilità della difesa avversaria e, nonostante il recente ingresso in scena dell'Agenzia Entrate Riscossione, non è destinata a perdere la sua centralità, continuando ad operare anche con riferimento a tale nuovo ente.
In altre parole, anche il nuovo soggetto, al pari di quanto si verificava per Equitalia, deve stare in giudizio direttamente o per il tramite della struttura sovraordinata, mentre non può ricorrere né a procuratori speciali né a procuratori generali esterni, pena la carenza di legitimatio ad processum.
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Principio di non contestazione
La portata di tale affermazione è ancor più evidente se si considera che in giudizio vale il cd. principio di non contestazione, in forza del quale tutto quanto non contestato da controparte si considera fondato. Se, quindi, l'Agenzia Entrate Riscossione contesta per il tramite di avvocati o di altri professionisti esterni ad essa le eccezioni sollevate dai contribuenti all'atto dell'impugnazione di una cartella, è come se non le contestasse, con moltiplicazione delle possibilità di soccombenza in giudizio anche nel caso in cui abbia astrattamente ragione.
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