di Giorgio L'Abbate - In caso di furto in cassetta di sicurezza, la banca non può esimersi dal risarcire l'intero contenuto se non ha messo in atto sistemi di sicurezza adeguati a garantirne la protezione. Non può invocarsi in tale ipotesi la clausola limitativa della responsabilità, che è applicabile solo in caso di colpa lieve e non già nelle ipotesi di colpa grave. Lo ha affermato la Cassazione (con la sentenza n. 18637/2017, qui sotto allegata), respingendo il ricorso di un istituto di credito e confermando il risarcimento di circa un milione di euro al cliente che aveva subito, a seguito di una rapina al caveau, il trafugamento di tutto il contenuto della propria cassetta di sicurezza contenente valuta e gioielli.
La vicenda
Nella vicenda, la corte di merito, riteneva (censurando la decisione di primo grado sul punto della prova liberatoria ex art. 1839 c.c.) che "il giudizio circa le misure di sicurezza non va formulato ex ante, ma proprio ex post e non avuto riguardo all'astratta idoneità dei sistemi di controllo, ma, nello specifico, a come questi abbiano in concreto operato, essendo l'istituto tenuto a garantire il risultato dell'integrità della cassetta". Riesaminando perciò le risultanze istruttorie ed evidenziati i profili di colpa in capo all'ente creditizio (tra cui sistemi di allarme disattivati, porta blindata del caveau aperta; ecc.) e ritenendo al contempo inidonee le modalità dell'evento a giustificare il caso fortuito, il giudice di secondo grado affermava la responsabilità dell'istituto bancario, quantificando il danno in via presuntiva sulla base della denuncia dettagliata del contenuto della cassetta, delle deposizioni testimoniali raccolte e degli esiti del deferito giuramento estimatorio.
La responsabilità della banca
La Cassazione concorda con il giudizio della corte di merito e ribadisce innanzitutto che secondo il modello di responsabilità delineato dall'art. 1839 c.c., "la banca che presta il servizio di cassette di sicurezza risponde dell'obbligazione di custodia ed idoneità dei locali e di integrità delle cassette assunto con la conclusione del contratto nei soli limiti in cui l'inadempimento della predetta obbligazione non sia imputabile al caso fortuito".
Il furto non costituisce caso fortuito
Posto che per costante giurisprudenza, dunque, il furto "non costituisce caso fortuito, in quanto è evento prevedibile in considerazione della natura della prestazione dedotta in contratto", l'accertamento della responsabilità della banca in caso di inadempimento va condotto alla stregua degli ordinari canoni di giudizio che presiedono all'accertamento della responsabilità contrattuale.
Niente limitazione di responsabilità per colpa grave
E dunque, grava sulla banca l'onere di dimostrare che "l'inadempimento dell'obbligazione di custodia è ascrivibile ad impossibilità della prestazione ad essa non imputabile, non essendo sufficiente ad escludere la colpa la prova generica della sua diligenza". Relativamente poi alla clausola limitativa del valore risarcibile, si tratta di norma pattizia, ricordano gli Ermellini, rammentando che "è nullo qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave".
Per cui alla banca è precluso valersi di tale limitazione, laddove, come nel caso di specie, l'inadempimento non sia dovuto a colpa lieve bensì a dolo o colpa grave. Il ricorso è rigettato e il risarcimento confermato.
Cassazione, sentenza n. 18637/2017