di Valeria Zeppilli - Cosa accade se la scelta per la separazione dei beni viene dichiarata dai coniugi al prete ma non è annotata nell'atto di matrimonio trascritto nei registri dello stato civile? La risposta la si può rinvenire nella sentenza numero 22594/2017 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), che ha deciso una controversia sorta tra due ex coniugi avente a oggetto una presunta simulazione di un contratto di compravendita di un immobile stipulato in costanza di matrimonio.
Gli effetti della mancata annotazione, secondo quanto emerge dal provvedimento, variano a seconda che si prendano in considerazione i rapporti interni tra moglie e marito o i rapporti di questi con l'esterno.
Rapporti interni tra coniugi
Con riferimento ai rapporti interni tra coniugi, se la scelta per il regime di separazione è espressa in forma scritta alla presenza di due testimoni e davanti al ministro del culto cattolico officiante, la stessa deve ritenersi valida anche se non è annotata nell'atto di matrimonio trascritto nei registri dello stato civile.
Per poter modificare il regime, poi, non può ritenersi sufficiente la dichiarazione unilaterale di un coniuge dinanzi al notaio, né è possibile escludere un singolo bene dal regime prescelto senza modificare in generale il regime stesso.
Opponibilità a terzi
Diverso è il caso dell'opponibilità a terzi.
Come ricordato dalla Corte, infatti, il regime prescelto e le convenzioni, anche atipiche, stipulate dai coniugi sono opponibili ai terzi solo con l'annotazione sull'atto di matrimonio contenuto nei registri pubblici dello stato civile, posto che è questo lo strumento mediante il quale i terzi possono venirne a conoscenza.
Corte di cassazione testo sentenza numero 22594/2017