La Cassazione conferma i principi della sentenza n. 11504/2017, va abbandonato il tenore di vita per il riconoscimento dell'assegno divorzile

di Lucia Izzo - La Corte di Cassazione continua a fare applicazione del principio stabilito dalla sentenza 11504/2017 (per approfondimenti: Divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita. Ecco le motivazioni) con cui la giurisprudenza di legittimità ha sancito l'abbandono del riferimento al "tenore di vita goduto in costanza di matrimonio" come parametro per il riconoscimento dell'assegno divorzile.


Nella recente ordinanza n. 23602/2017 (qui sotto allegata), la sesta sezione civile ha infatti accolto il ricorso di un uomo a carico del quale la Corte d'Appello aveva posto l'obbligo di versamento all'ex coniuge di un assegno divorzile di 200 euro mensili.


La Corte territoriale aveva giustificato il riconoscimento dell'assegno nei confronti dell'ex moglie in quanto costei, benchè svolgesse un'attività lavorativa dipendente e le fosse stata assegnata la casa coniugale, non aveva redditi adeguati a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, tenuto conto del divario tra le retribuzioni delle parti e la necessità di riequilibrare le situazioni economiche degli ex coniugi.


Nel ricorso in Cassazione, l'onerato evidenzia che la funzione dell'assegno divorzile, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come sostituito dall'art. 10 della legge n. 74/1987), è assistenziale e la sua ex era in possesso di mezzi e redditi che le avrebbero consentito di vivere un'esistenza autonoma e dignitosa essendo stata anche assunta a tempo indeterminato.


Un motivo fondato per gli Ermellini, i quali rammentano che l'orientamento applicato dalla Corte di merito circa la verifica delle condizioni legali per attribuire l'assegno divorzile, è stato recentemente superato dalla giurisprudenza di legittimità.

Divorzio: niente assegno per il divario reddituale tra i coniugi rispetto alla costanza di matrimonio

Secondo tale rinnovata interpretazione, richiesto l'assegno divorzile, il giudice del divorzio deve svolgere un giudizio distinto in due fasi: nella prima, quella dell'an debeatur, deve verificare se la domanda dell'ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge (ossia la mancanza di mezzi adeguati o, comunque, l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive).


Ciò non avviene, tuttavia, con riguardo ad un "tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio", ma con esclusivo riferimento all'indipendenza o autosufficienza economica dell'ex desunta da una serie di principali "indici" ossia: il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri "lato sensu" imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente); la capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo); la stabile disponibilità di una casa di abitazione.


L'onere probatorio della non indipendenza o autosufficienza economica, precisa la sentenza, incombe sul richiedente medesimo, in base alle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove da lui offerte, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'altro ex coniuge.


Le condizioni reddituali dell'altro coniuge possono avere rilievo solo riguardo la seconda ed eventuale fase della quantificazione dell'assegno, a cui si accede solo se la prima si sia positivamente conclusa per chi richiede l'assegno: nella fase del "quantum debeatur", infatti, emergono tutti gli elementi indicati dalla norma («condizioni dei coniugi», «ragioni della decisione», «contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune», «reddito di entrambi») che il giudice valuterà anche in rapporto alla durata del matrimonio al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno divorzile.


Per il riconoscimento dell'assegno divorzile non è dunque sufficiente, come nel caso di specie, che il giudice fondi l'accoglimento della domanda sulla base del mero divario tra le retribuzioni e sull'inadeguatezza dello stipendio percepito dalla donna se raffrontato alla situazione economica in costanza di matrimonio. In virtù di tali principi, il ricorso va accolto con rinvio alla Corte d'Appello in diversa composizione.

Cass., Vi civ., ord. n. 23602/2017

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