di Lucia Izzo - L'esibizione in giudizio dell'atto di matrimonio recante l'annotazione, non è condizione sostanziale di opponibilità dell'atto ai terzi ex art. 162 c.c., ma costituisce necessario adempimento dell'onere processuale della prova in giudizio.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 23955/2017 (qui sotto allegata).
La vicenda
In sede di merito il Tribunale aveva rigettato l'opposizione all'esecuzione avanzata da due coniugi i quali affermavano di aver costituito in fondo patrimoniale alcuni beni immobili poi pignorati da una società.
Per provare l'opponibilità al creditore procedente dell'atto di costituzione in fondo patrimoniale, tuttavia, i due avrebbero dovuto produrre in giudizio l'atto notarile di costituzione del fondo e anche quello di matrimonio attestante la data dell'annotazione del regime patrimoniale, in quanto l'opponibilità invocata sarebbe dipesa dall'eventuale anteriorità di tale annotazione rispetto alla data di trascrizione del pignoramento.
Ciononostante, i coniugi avevano prodotto soltanto il primo atto e non quello di matrimonio, da cui si sarebbe evinta l'anteriorità dell'annotazione rispetto alla data di trascrizione del pignoramento, neppure nel secondo grado di giudizio, nonostante i puntuali rilievi del Tribunale.
Inoltre, in primo grado gli opponenti avevano ritirato il fascicolo di parte all'udienza di precisazione delle conclusioni senza tuttavia poi depositarlo nuovamente, impedendo così al giudice di appello di verificare la fondatezza della loro deduzione secondo cui il Tribunale avrebbe errato nell'affermare che il documento non era stato prodotto in giudizio.
Fondo patrimoniale: provato in giudizio esibendo l'atto di matrimonio annotato a margine
In Cassazione, in punto di diritto, i ricorrenti sostengono che l'art. 162, quarto comma, c.c. impone, quale condizione di sostanziale opponibilità ai terzi dell'avvenuta costituzione del fondo patrimoniale, l'annotazione dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale in calce all'atto di matrimonio, ma non anche la sua produzione in giudizio.
Un motivo infondato: per gli Ermellini, nonostante l'esibizione in giudizio dell'atto di matrimonio recante l'annotazione non costituisca condizione sostanziale di opponibilità ex art. 162 c.c., è pur vero che in giudizio occorre fornire la prova dell'adempimento di tale onere di cui l'esibizione costituisce necessario adempimento.
Correttamente, quindi, i giudici di merito hanno ritenuto che l'omessa produzione in giudizio dell'atto dovesse comportare il rigetto dell'opposizione.
Ancora, rammenta la Cassazione, in virtù del principio dispositivo delle prove, il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione, di alcuni documenti ritualmente prodotti, deve presumersi espressione, in assenza della denuncia di altri eventi, di un atto volontario della parte stessa, che è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione di esso o di alcuni dei documenti ivi contenuti.
Ne consegue che è onere della parte dedurre quella incolpevole mancanza, mentre il giudice è tenuto a ordinare la ricerca o disporre la ricostruzione della documentazione non rinvenuta solo ove risulti l'involontarietà della mancanza, dovendo, negli altri casi, decidere sulla base delle prove e dei documenti sottoposti al suo esame al momento della decisione.
Cass., III sez. civ., sent. n. 23955/2017• Foto: 123rf.com