Avv. Riccardo Carlone - Le SS.UU. della Corte di Cassazione con l'ordinanza in n. 21541 del 18 settembre 2017 (sotto allegata) hanno il merito, da una parte, di fornire un'ampia e circostanziata dissertazione sulla suddivisione di competenza giurisdizionale spettante al Giudice Italiano in tema di rapporto di lavoro del cittadino italiano con Ente o Istituzione ricollegabile alla Santa Sede, dall'altra, di delineare finalmente i poteri riconosciuti al Giudice del Lavoro nei casi in cui gli viene chiesto di pronunciarsi in merito a tali tipi di rapporto e, più in generale, su rapporti di lavoro intrattenuti con Enti ed Autorità dipendenti da Stato Estero.
Rimandando al testo dell'ordinanza l'intera dissertazione, in questa sede vale la pena sottolineare quello che è da considerarsi il passaggio fondamentale della decisione assunta dalle SS.UU. secondo le quali il nodo centrale in caso di rapporti di lavoro instaurati con gli istituti ecclesiastici di educazione ed istruzione risiede innanzitutto sulla necessità di comprendere se il datore di lavoro (nello specifico la Pontificia Università Lateranense, in acronimo "PUL") sia qualificabile o meno come ente centrale della Chiesa cattolica.
Per poi comprendere se sussista o meno la giurisdizione del Giudice del lavoro italiano e gli eventuali limiti imposti alla sua cognizione.
Controversie lavoro enti ecclesiastici: decide il giudice italiano
Le SS.UU. al riguardo hanno così statuito (si sottolineano i passaggi ritenuti più rilevanti e dirimenti anche in termini interpretativi per future controversie in materia) "pertanto, la PUL non rientra tra gli organi centrali di governo della Chiesa cattolica (in quanto non fa parte della Curia romana e comunque non svolge la sopra descritta funzione centrale di governo) e, addirittura, non è neppure menzionata dalla sopra citata Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 28 giugno 1988, nell'àmbito della più generica categoria degli enti «collegati alla Santa Sede»(artt. da 186 a 193); inoltre, indipendentemente dai precedenti rilievi (cioè, anche ove, per assurdo, la PUL fosse annoverabile tra gli enti centrali di cui all'art. 11 del Trattato), poiché la finalità della «non ingerenza» di cui all'indicato art. 11 è quella di non ostacolare o di non impedire gli atti sovrani di governo della generale organizzazione della Chiesa universale, occorre ritenere comunque soggetta alla giurisdizione italiana la cognizione delle controversie relative agli atti compiuti iure gestionis dalla Santa Sede nelle sedi degli enti centrali: ciò in coerenza ed analogia con il tradizionale principio internazionalistico (cosiddetta "immunità ristretta" o funzionale) della esenzione giurisdizionale degli Stati esteri (e dei loro organi, in senso lato) nell'esclusivo àmbito delle attività compiute nell'esercizio tipico del loro potere statale (iure imperii), esenzione da negarsi, invece, per le attività esercitate iure gestionis (sulla sostanziale equiparazione della Santa Sede con gli Stati esteri, nello stesso senso, ex plurimis, Cass., Sezioni Unite, n. 7022 del 2016; nonché, con specifico riguardo ad un rapporto di lavoro con la "extraterritoriale" Patriarcale Arcibasilica di San Giovanni in Laterano o di Santa Maria Maggiore, Cass., Sezioni Unite, n. 4909 del 1989 e n. 2291 del 1990, ovvero con l'Opera Romana Pellegrinaggi, ritenuta ente centrale della Chiesa Cattolica, in quanto articolazione del Vicariato e, perciò, della Curia romana, Cass., Sezioni Unite, n. 7791 del 2005); in base a quanto precede e ritenuto conclusivamente che la PUL non è «ente centrale della Chiesa Cattolica» (nell'accezione moderatamente restrittiva sopra accolta) e che, conseguentemente, il rapporto lavorativo cui fa riferimento il ricorrente (concernente sostanzialmente mansioni di assistente volontario ed ordinario e di "tutoraggio" di studenti) non involge atti compiuti iure imperi', deve ribadirsi l'orientamento già espresso da queste Sezioni Unite (ex plurimis: ordinanza n. 1133 del 2007, a proposito della Pontificia Università Gregoriana; sentenza n. 16847 del 2011, a proposito del Pontificio Collegio Americano del Nord), secondo cui l'àmbito di applicazione dell'art. 11 del Trattato («non ingerenza») non si estende ai rapporti di lavoro instaurati con gli istituti ecclesiastici di educazione ed istruzione (come, nella specie, la PUL); per la PUL la sopra constatata esclusione della natura sia di ente centrale della Chiesa (e, quindi, della sua soggezione alla «non ingerenza» statale), sia di soggetto sovrano internazionale (o suo organo in senso lato) comporta la non incidenza della eventuale reintegra giudiziale nel posto di lavoro sui poteri organizzativi pubblicistici della predetta Università, che sarebbero, come tali, intangibili dallo Stato italiano; in particolare, va ricordato che il canone dell'Immunità ristretta", con la correlata distinzione tra atti compiuti iure imperii o iure gestionis, si applica (in ottemperanza alla consuetudine internazionale, in virtù del primo comma dell'art. 10 Cost., ovvero in forza dell'art. 11 della Convenzione fatta a New York il 2 dicembre 2004 e ratificata in Italia dalla legge n. 5 del 2013, ancorché non ancora entrata in vigore, che recepisce detta consuetudine e presuppone l'indicata distinzione) riguarda gli Stati e gli altri enti stranieri quando agiscono come soggetti di diritto internazionale o come titolari di una potestà di imperio nell'ordinamento d'origine, ossia come enti sovrani (ex plurimis, Cass., Sezioni Unite, n. 7022 del 2016, n. 19674 del 2014 e le pronunce da queste menzionate, tra cui Cass., Sezioni Unite, n. 10119 del 2006, n. 150 e n. 331 del 1999, n. 2291 del 1990; vedi anche l'art. 2, paragrafo 1, lettera b, della Convenzione di New York del 2 dicembre 2004), laddove, nella specie, la PUL non può qualificarsi, per le ragioni già viste né Stato estero né ente sovrano di questo; ne deriva l'inapplicabilità alla PUL della giurisprudenza di questa Corte, che, in riferimento alla suddetta "immunità ristretta" con enti sovrani esteri ed in presenza di un rapporto lavorativo instaurato iure privatorum, afferma la giurisdizione del giudice italiano con riguardo alla sole pretese di carattere strettamente patrimoniale (indennità; differenze retributive), non anche con riguardo a quelle dirette alla reintegra nel posto di lavoro (cosiddetta "tutela reale"), perché queste ultime finirebbero con l'incidere sul potere pubblicistico sovrano relativo all'organizzazione ed all'esercizio delle potestà e funzioni istituzionali dell'ente internazionale (ex plurimis, la citata Cass., Sezioni Unite, n. 22744, n. 19674 e n. 9034 del 2014, n. 1981 del 2012, n. 880 del 2007, n. 15620 del 2006; vedi anche l'art. 11, paragrafo 2, lettera c, della suddetta Convenzione di New York del 2 dicembre 2004 che esclude la giurisdizione nei confronti dello Stato estero e degli enti pubblici ad esso riferibili quando si richieda «l'assunzione, la proroga del rapporto di lavoro o il reinserimento di un candidato»); né, al fine di escludere la cosiddetta "tutela reale" del lavoratore, può invocarsi, nella fattispecie in esame, l'ultima parte del primo comma dell'art. 15 del Trattato (secondo cui alcuni «immobili» — tra i quali la Basilica patriarcale di San Giovanni in Laterano, «cogli edifici annessi» — «godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri»), perché tale disposizione attribuisce solo immunità relative agli "immobili" e alle "sedi", cioè solo "immunità reali", le quali non valgono ad escludere la giurisdizione italiana (non risolvendosi, come già prima osservato, in una extraterritorialità in senso proprio) e non possono tutelare l'esercizio di potestà e finalità pubblicistiche sovrane per definizione assenti in un ente non compreso tra quelli «centrali» della Chiesa cattolica, sia pure avente sede nell'edificio (potestà e finalità, invece, riscontrabili nell'agente diplomatico"): analogamente, nel senso della limitata portata delle suddette "immunità reali" degli edifici di proprietà della Santa Sede fuori dei confini della Città del Vaticano, vedi, tra le altre, Cass., Sezioni Unite, n. 7022 del 2016, già citata, nonché Cass. n. 11381 del 2012, Cass., Sezioni Unite, n. 13702 del 1992 e n. 1326 del 1989; è appena il caso di sottolineare che non rileva in proposito l'art. 39 del Concordato nella formulazione anteriore all'Accordo del 1984, perché - come sopra visto — riguarda solo il divieto di ingerenza amministrativa delle «autorità scolastiche» ("non ingerenza" delle «autorità scolastiche» su Università, Seminari maggiori e minori, accademie, collegi e altri istituti cattolici per la formazione e la cultura dipendenti dalla Santa Sede); occorre dunque affermare (conformemente alle richieste del ….. e alle conclusioni formulate in via principale dal P.M.) che la cognizione della controversia spetta alla giurisdizione del giudice ordinario italiano competente per territorio e per materia (nella specie: dell'adíto Tribunale), anche in relazione alla domanda di reintegra nel posto di lavoro; restano assorbite le altre argomentazioni e richieste delle parti; la pronuncia sulle spese del presente giudizio va rimessa al giudice di merito. P.Q.M. La Corte, pronunciando a sezioni unite, dichiara la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria; rimette la pronuncia sulle spese del presente giudizio al giudice di merito."
Avv. Riccardo Carlone
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