Elementi e criteri sull'interpretazione del contratto, alla luce dei principi codicistici e della giurisprudenza. La causa concreta e l'obbligo di buona fede oggettiva

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Avv. Giampaolo Morini - Va anzitutto osservato che, giusto il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l'interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione.

Il sindacato di legittimità può avere cioè ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente la individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto.

Interpretazione contratto: l'intenzione comune dei contraenti

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Deve quindi porsi in rilievo come, pur non mancando qualche pronunzia di segno diverso (v., Cass., 10/10/2003, n. 15100), risponda ad orientamento interpretativo consolidato in tema di interpretazione del contratto che ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto.

Il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va peraltro verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, e le singole clausole debbono essere considerate in correlazione tra loro, procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell'art. 1363 c.c., giacchè per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. Cass., 28/8/2007, n. 828).

Interpretazione oggettiva del contratto

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Va d'altro canto sottolineato come, pur assumendo l'elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della volontà della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve in proposito fare invero applicazione anche agli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare a quelli dell'interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell'interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c.

Tali criteri debbono essere infatti correttamente intesi quali primari criteri d'interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto (v. Cass. n. 10998/2011), avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta.

La causa concreta e l'obbligo di buona fede oggettiva

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Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.) consente di accertare il significato dell'accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta.

L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale (cfr. Cass. n. 13208/2010), applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, che impone di mantenere, sia in ambito contrattuale che nei rapporti comuni della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonchè volto alla salvaguardia dell'utilità altrui, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio. Già la Relazione ministeriale al codice civile (ove si sottolinea come esso richiami "nella sfera del creditore la considerazione dell'interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore") indica doversi intendere in senso oggettivo, enunziando un dovere di solidarietà fondato sull'art. 2 Cost. che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge. Dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sè, un danno risarcibile, quale criterio d'interpretazione del contratto (fondato sull'esigenza definita in dottrina di "solidarietà contrattuale") si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte.

A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali non rispondenti alle intese raggiunte e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale (cfr. con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia v. Cass. SS.UU. n. 3947/2010).

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Avv. Giampaolo Morini (Foro Lucca)

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