di Lucia Izzo - Non è il Comune che deve provare l'idoneità del dispositivo, ma è chi si oppone alla sanzione che deve dimostrare perché l'apparecchiatura non è conforme ai requisiti previsti nel decreto di omologazione.
Pertanto, è valida la multa elevata a seguito della rivelazione del dispositivo Vista Red al semaforo: sulla regolarità della sua installazione fa piena prova il collaudo effettuato dai pubblici ufficiali e non impugnato dal conducente.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 25026/2017 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso del Comune.
La vicenda
In sede di merito, una conducente riusciva a ottenere l'annullamento della multa che si era vista elevare per attraversamento col rosso al semaforo.
Il giudice a quo aveva ritenuto che il Comune non avesse adeguatamente dimostrato in giudizio l'osservanza delle disposizioni per il montaggio dell'apparecchiatura Vista Red, utilizzata per il rilevamento, nonché le modalità di posizionamento e l'ubicazione esatta di essa.
Da qui il ricorso in Cassazione con cui l'ente locale evidenzia, tra l'altro, che l'apparecchiatura utilizzata è di tipo omologato dal Ministero dei trasporti e che era stata installata secondo le prescrizioni dell'omologa, come risulta dalla documentazione prodotta, tra cui il decreto di omologa e il verbale di collaudo (quest'ultimo facente piena prova fino a querela di falso) che non sono stati impugnati dalla multata.
Vista Red: chi si oppone alla multa deve provare i difetti dell'apparecchio
La Corte, accogliendo le doglianze, richiama alcuni precedenti (sentt. 4255 e 18825 del 2015) ove ha precisato che, "in tema di rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada né il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell'infrazione debba contenere, a pena di nullità, l'attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l'uso".
Al contrario, prosegue il provvedimento, l'efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto e sulla base di circostanze allegate dall'opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, oppure situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento.
Per tale dimostrazione, tuttavia, non potrà farsi leva su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all'idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell'attrezzatura a pregiudicarne l'efficacia ex art. 142 del Codice della Strada.
Ha dunque sbagliato il giudice di appello nel ritenere che spettasse all'Amministrazione l'onere di provare una particolare attenzione posta sul montaggio del sistema, nonché le modalità di posizionamento e ubicazione. Si tratta di un onere probatorio che la normativa non richiede.
Per il Collegio, invece, è onere di chi propone opposizione alla sanzione indicare in concreto sotto quale profilo l'apparecchiatura utilizzata non sarebbe conforme ai requisiti, di installazione o di funzionamento, previsti nel decreto di omologazione e come le eventuali mancanze possano avere inciso sulla rilevazione.
Ancora, il giudice a quo ha del tutto omesso di considerare il verbale di collaudo (effettuato poco più di due mesi prima della rilevazione dell'infrazione) che aveva verificato il regolare funzionamento e regolare
installazione dell'apparecchiatura
Cass., VI sez. civ., ord. 25026/2017• Foto: 123rf.com