Analizziamo se vi sono possibilità di ricondurlo nell'ambito della rilevanza penale o se la vittima può solo ricorrere alla giustizia civile.

di Redazione - "Pull a Pig" ovvero "ingannare un maiale". Il nome crudele rende bene l'idea dell'ultimo perverso gioco virtuale che consiste nel far credere a ragazze, sostanzialmente poco attraenti, di essere innamorati di loro e di invitarle a fare un viaggio per incontrarsi. Le ragazze, dopo aver fatto centinaia di chilometri, sono poi insultate, rifiutate ed umiliate.

Pull a pig, la storia di Sophia

La prima a raccontare l'incubo vissuto è stata Sophie, una ventiquattrenne inglese. La giovane ha raccontato al Daily Mail la sua storia iniziata a Barcellona, proprio il giorno dell'attentato terroristico. In quelle ore incontra il ventunenne olandese Jesse Mateman. Da qui messaggi e chiamate, con la promessa di rivedersi. Così Sophie fa il biglietto per Amsterdam, arriva all'hotel dove si erano dati appuntamento e, come risposta, non trova nessuno mentre sul telefonino le arriva il messaggio beffardo "You've been pigged" cioè letteralmente "sei stata maialata", più semplicemente "ci sei cascata". La giovane era caduta nella trappola perché era la "più grassa e brutta del locale".

Sophie ha avuto il coraggio di raccontare la sua storia e di uscire dall'incubo, e prendersi una rivincita denunciando il giovane che le aveva provocato dolore e disagio, ma tante ragazze non sono altrettanto forti dal punto di vista emotivo e psicologico.

Un gioco con conseguenze terribili

Si tratta, insomma, di conquistare la donna meno attraente della serata e vantarsene con gli amici per poi distruggere psicologicamente la vittima caduta nella trappola.

Il problema è davvero molto serio: se da una parte si cerca, con norme e leggi, di arginare il fenomeno del bullismo (perché di questo genere di crudeltà si tratta), dall'altra parte il web e le tecnologie danno modo a questo fenomeno di diffondersi in modo tentacolare e nelle maniere più disparate e terribili.

Come rilevato da psicologi e psicoterapeuti, le conseguenze di questi atti sono gravissime: in un momento delicato della vita quale è l'adolescenza, ci sono alcune ragazze che diventano anoressiche, altre che compiono atti di autolesionismo prendendosela con il proprio corpo riconosciuto come la panacea di tutti i mali, altre che si chiudono in se stesse rovinando i fragili equilibri del mondo relazionale.

Conseguenze penali

Ma chi pone in essere questo gioco, come può essere punito?

Purtroppo non esiste una fattispecie di reato che prevede espressamente una simile condotta e, spesso, punirla può essere difficile.

Se, infatti, il bullismo vero e proprio può configurare molteplici reati (come quello di percosse, lesioni, diffamazione, minaccia, stalking, molestia o disturbo alle persone), il gioco "Pull a pig" in sé e per sé è ancora più insidioso perché, a ben guardare, non è coperto da una tutela penale neanche indiretta.

Se non in alcuni casi spesso estremi: come quello in cui la vittima reagisca talmente male da decidere di togliersi la vita. In tale ipotesi, se il colpevole ha la coscienza e la volontà di determinare l'altrui suicidio, può rientrarsi nel campo di applicazione dell'articolo 580 del codice penale, che sanziona "chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione" punendolo, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni e, se il suicidio non avviene, con la reclusione da uno a cinque anni "sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima".

Danno civile

Ciò non vuol dire, però, che la vittima non possa agire in sede civile per richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale patito in conseguenza dell'odiosa condotta.

Si tratta delle sofferenze morali e dei patemi d'animo, della compromissione della qualità della vita, della vita di relazione e del pieno sviluppo della persona nelle formazioni sociali. Elementi dei quali il giudice potrà tenere conto per cercare, in qualche modo, di fare giustizia.


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