di Marina Crisafi - La procura rilasciata all'avvocato anche se non materialmente spillata all'atto ma depositata unitamente allo stesso è da ritenersi valida. Lo hanno affermato le sezioni unite della Cassazione (con la sentenza n. 26338/2017 sotto allegata) accogliendo il ricorso di un avvocato avverso la decisione con cui il Cnf aveva dichiarato inammissibile il proprio ricorso contro una sanzione disciplinare comminatagli, sostenendo che la procura rilasciata per l'impugnazione non fosse rispettosa dell'art. 83 c.p.c.
La vicenda
All'avvocato, il Consiglio dell'ordine territoriale aveva inflitto la sanzione disciplinare della radiazione, poiché ritenuto responsabile di violazioni del codice deontologico connesse a reati nei confronti di una compagnia assicuratrice, di clienti, di un collega.
L'incolpato proponeva ricorso al Cnf denunciando nullità del giudizio e della decisione perchè emessa senza la presenza dell'avvocato e del suo difensore; persistente pendenza del giudizio penale; prescrizione dell'azione. Il Consiglio Nazionale Forense dichiarava inammissibile il ricorso perchè riteneva che la procura rilasciata per l'impugnazione "non fosse rispettosa del disposto di cui all'art. 83 c.p.c.". Nello specifico, per il Cnf, la nomina, "pur considerata equivalente alla procura, fosse da ritenere una procura mancante, perché redatta su foglio autonomo non congiunto materialmente all'atto cui si riferiva", per cui riteneva il ricorso, sottoscritto da difensore privo di procura speciale, inammissibile.
L'avvocato adiva dunque la Cassazione sostenendo che la pretesa di materializzazione con "incollatura" poteva ritenersi un "eccesso formale", risultando peraltro inequivocabile la volontà di impugnare, anche dalla sua partecipazione all'udienza.
Per la S.C. il ricorso è fondato.
Procura non spillata ma depositata con l'atto: errore materiale
I rilievi su cui si è concentrato il Cnf riguardavano la mera circostanza che il foglio separato contenente la procura non fosse congiunto materialmente. Per cui, scrivono le Sezioni Unite, "il rilievo formale si risolveva in un vizio da equiparare a una sorta di errore materiale, sussistendo la certezza della data e del riferimento alla pronuncia impugnata (specialità) e l'inequivocabile certezza della provenienza degli atti dalla parte ricorrente". Non era infatti in contestazione che gli atti (la pronuncia disciplinare, il ricorso al Cnf e la procura) erano stati depositati congiuntamente e si trovavano all'esame del Consiglio e risultava inoltre che all'udienza fosse presente l'incolpato per insistere sul ricorso.
La procura quindi era da ritenere esistente e il ricorso poteva essere esaminato nel merito.
Inequivocità degli atti deve prevalere sulla forma
Inoltre, hanno concluso gli Ermellini, in casi come quello in esame, "si deve aver riguardo all'inequivocità degli atti come prevalente sulla modulistica formulare e va data applicazione a quanto già affermato - da Cass. 12332/09 - secondo cui il requisito, posto dall'art. 83, 3° comma, c.p.c. (nel testo modificato dall'art. 1 della l. n. 141/1997), della materiale congiunzione tra il foglio separato, con il quale la procura sia stata rilasciata, e l'atto cui essa accede, non si sostanzia nella necessità di una cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi".
Cedu: formalità non possono limitare "diritto a un tribunale"
La giurisprudenza delle sezioni unite, ricordano dal Collegio, segue l'impronta data dalla Cedu, "che tutela il 'diritto a un tribunale', di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare".
Secondo la giurisprudenza della Corte EDU, nell'ambito del margine di apprezzamento (cfr CEDU, 18-02-1999, Waite c. Gov. Germania federale) che ha uno Stato, "le regole formali non possono limitare l'accesso della parte in causa in maniera o a un punto tali che il suo diritto a un tribunale venga leso nella sua stessa sostanza".
Ogni limitazione si concilia con la convenzione, "soltanto se tende ad uno scopo legittimo e se esiste un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito" (cfr., tra le altre, Corte eur. DU 16. 6. 2015 ric. Mazzoni N. 20485/06).
Per cui, deve darsi continuità, sanciscono le Sezioni Unite, "sia pure solo applicativa, a criteri di necessaria proporzionalità tra le sanzioni irrimediabili e le violazioni processuali commesse" e ribadirsi ancora una volta "che la strumentalità che le forme processuali assumono è in funzione della attuazione della giurisdizione mediante decisioni di merito e che la giustizia della decisione è scopo dell'equo processo".
Ne consegue l'accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Cnf.
Leggi anche le guide con fac-simile:
- La procura speciale alle liti
- La procura generale alle liti
Cassazione, SS.UU., sentenza n. 26338/2017
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