di Valeria Zeppilli - Il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale non trascritto prima del contratto di compravendita del medesimo bene può essere opposto all'acquirente, ma solo nel limite del novennio dalla data dell'assegnazione ai sensi del terzo comma dell'articolo 1599 del codice civile.
A ricordarlo è stata, recentemente, la sentenza numero 25835/2017 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), con la quale sono state accolte le doglianze di una donna che lamentava di aver acquistato la proprietà di un immobile dal proprio figlio, ma che tale bene era detenuto dalla ex nuora per ragioni di solidarietà da oltre nove anni in forza di un provvedimento giudiziale di assegnazione che non era stato trascritto prima del contratto di compravendita.
L'eccezione di assegnazione giudiziale della casa
I giudici hanno poi precisato che l'eccezione di assegnazione giudiziale della casa in sede di separazione dei coniugi non può essere ricondotta ai casi per i quali la legge prevede in capo alla parte l'onere di eccezione. Essa, poi, non rientra neanche tra i casi per i quali l'elemento costitutivo dell'eccezione è rappresentato dalla manifestazione della parte di voler esercitare un diritto potestativo.
Il diritto dell'attore al rilascio, quindi, è impedito direttamente dal provvedimento di assegnazione della casa coniugale e non richiede una manifestazione di volontà da parte dell'assegnatario dell'abitazione di volersi avvalere degli effetti di tale provvedimento.
Per la Corte insomma, come già affermato dalla precedente sentenza n. 16574/2016, si tratta di un'eccezione in senso lato che non richiede un'allegazione della parte specifica e tempestiva e che è ammissibile anche in appello, purché i fatti siano documentati ex actis.
Corte di cassazione testo sentenza numero 25835/2017• Foto: 123rf.com