di Marina Crisafi - È illecito il patto commissorio contenuto nel contratto preliminare. Lo ha stabilito la Cassazione, nell'ordinanza n. 23617/2017 (sotto allegata), accogliendo, contro la decisione d'appello, le doglianze di alcuni ricorrenti sulla natura simulata di un contratto preliminare e sull'illiceità dello stesso per contratto con il divieto di patto commissorio ex art. 2744 c.c.
La vicenda
Il tribunale di Napoli confermava con sentenza il trasferimento di proprietà di un immobile promesso in vendita, rigettando l'eccezione dei convenuti che sostenevano la natura relativamente simulata del contratto preliminare, giacché dissimulante un mutuo con patto commissorio, e dunque vietato.
Proposta opposizione, la Corte d'appello respingeva il gravame dei convenuti che perciò adivano la Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1421 e 2744 c.c., per avere il giudice di merito "ritenuto tardiva l'eccezione di nullità del contratto preliminare per simulazione, nonostante la nullità fosse anche rilevabile d'ufficio, ed escluso la possibilità di provare con testimoni e presunzioni la natura relativamente simulata del contratto preliminare, nonostante lo stesso fosse illecito per contrasto con il divieto di patto commissorio".
Per gli Ermellini, il ricorso è fondato.
Cassazione: divieto di patto commissorio esteso a qualsiasi negozio
Innanzitutto, il Palazzaccio ricorda il consolidato orientamento secondo il quale, "il divieto del patto commissorio sancito dall'art. 2744 c.c., con la conseguente sanzione di nullità radicale, si estende a qualsiasi negozio, ancorché di per sé astrattamente lecito, allorché esso venga impiegato per conseguire il fine concreto, riprovato dall'ordinamento, della illecita coercizione del debitore, costringendolo al trasferimento di un bene a scopo di garanzia nella ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta".
In particolare, è pacifico, si legge nella decisione, "che il patto commissorio possa essere ravvisato anche di fronte a più negozi tra loro collegati, quando da essi scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il procedimento negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del debitore sia collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto, ovvero dal momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, dalla identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, sempre che questi siano stati concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde risultare idonei al raggiungimento dello scopo finale di garanzia che le parti si erano prefissate" (cfr. tra le altre Cass. n. 14903/2006; n. 11924/1999).
Vietato il patto commissorio celato nel preliminare
Da ciò discende che, in linea di principio, anche un preliminare di vendita può incorrere nel divieto di patto commissorio, laddove risulti "l'intento primario delle parti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell'adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio collegato, sì da stabilire un collegamento negoziale e strumentale tra i due negozi".
È chiaro, peraltro, che, quando lo strumento negoziale usato dalle parti in funzione di garanzia sia rappresentato dal contratto preliminare, "in tanto può configurarsi un illecito patto commissorio, in quanto i contraenti abbiano predisposto un meccanismo (quale la previsione di una condizione) diretto a far sì che l'effetto definitivo e irrevocabile del trasferimento si realizzi solo a seguito dell'inadempimento del debitore-promittente venditore, rimanendo, in caso contrario, il bene nella titolarità di quest'ultimo".
In questo caso, infatti, il contratto preliminare viene impiegato per conseguire "l'illecita coartazione del debitore a sottostare alla volontà del creditore", per cui non sussiste la causa di scambio, tipica di ogni contratto di compravendita, ma il preliminare diventa un mezzo per raggiungere un risultato vietato ex lege (cfr. Cass. n. 1233/1997).
Ciò è avvenuto nel caso di specie, per cui il ricorso è accolto e la sentenza cassata.
Parola al giudice di rinvio.
Cassazione, ordinanza n. 23617/2017
• Foto: 123rf.com