di Redazione - L'art. 2731 c.c., "nel prevedere che la confessione non è efficace se non proviene da persona capace di disporre del diritto, equipara la confessione medesima ad un atto di disposizione, postulando pertanto che la dichiarazione provenga da persona che abbia la capacità e la legittimazione ad agire negozialmente in ordine al rapporto controverso". Così ha stabilito la Cassazione (nell'ordinanza n. 26623/2017 sotto allegata), pronunciandosi sul ricorso di una donna che aveva chiamato in causa il comune per sentir dichiarare illegittima e contraria alle norme in materia di protezione dei dati personali, la diffusione dei propri dati sensibili sul sito istituzionale dell'ente.
La vicenda
La donna chiedeva quindi la condanna dell'amministrazione alla cessazione della condotta oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e non.
Vedendo respinta la propria domanda nel merito adiva quindi il collegio, censurando la sentenza impugnata, tra l'altro, per aver negato valore confessorio ad una comunicazione inviata a mezzo pec, con cui il segretario generale del comune aveva riconosciuto la verità dei fatti posti a fondamento della domanda, limitandosi a rilevare che il dichiarante non era parte in causa, senza verificare la sua capacità di disporre del diritto controverso.
Confessione: deve provenire da persona capace e legittimata ad agire nel rapporto
Per gli Ermellini le censure sono infondate e inammissibili. Ricordano, infatti, dal Palazzaccio che l'art. 2731 del codice civile equipara la confessione a un atto di disposizione e postula dunque che la dichiarazione debba provenire da persona capace e legittimata ad agire nel rapporto controverso (cfr., tra le altre, Cass. n. 3188/2006).
Inoltre, chiariscono, ai sensi dell'art. 97 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il segretario comunale svolge, in via ordinaria, "compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti", senza essere titolare né del potere d'impegnare l'amministrazione nei confronti dei terzi, né di quello di formare la volontà dell'ente. Senza contare che comunque nell'invocare l'art. 97 quarto comma, lett. d), del d.lgs. n. 267 del 2000, che consente al segretario comunale di esercitare "ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia", la ricorrente solleva una questione non trattata nella sentenza impugnata, che, presupponendo un'indagine di fatto in ordine all'avvenuto conferimento di funzioni che implicassero l'esercizio di poteri dispositivi, non può trovare ingresso in sede di legittimità.
Il tribunale, inoltre, al contrario di quanto asserito dalla donna, non ha omesso di prendere in considerazione il contenuto della comunicazione inviata via pec, ma ha solo affermato che "in mancanza di diversi ed idonei mezzi istruttori, esso non risultava sufficiente a fondare l'accoglimento della domanda, non implicando un'attribuzione di responsabilità a carico del Comune, ma, al contrario, il rifiuto di ogni addebito".Da qui il rigetto del ricorso.
Cassazione, ordinanza n. 26623/2017
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