di Valeria Zeppilli - La recente legge Gelli sulla responsabilità medica ha suscitato nella giurisprudenza dei dubbi interpretativi tali da indurre il presidente della quarta sezione penale della Corte di cassazione, Rocco Blaiotta, a chiamare in causa il primo presidente della Suprema Corte al fine di sollecitare l'urgente intervento delle Sezioni Unite (vedi documento allegato).
In particolare, la questione controversa, sulla quale è insorto un significativo contrasto tra i giudici di legittimità, riguarda la configurabilità del reato di lesioni colpose perpetrato dal medico a seguito dell'abrogazione, ad opera, appunto, della legge numero 24/2017, della previgente disciplina introdotta dalla legge numero 189/2012.
Orientamenti contrastanti
In particolare, nella richiesta di intervento del primo presidente della Cassazione si prendono come esempi del contrasto sorto nella quarta sezione la sentenza numero 28187 del 20 aprile 2017 e la più recente sentenza numero 50078 del 19 ottobre 2017 (entrambe qui sotto allegate).
Nella prima, infatti, i giudici hanno ritenuto che la vecchia disciplina era più favorevole di quella attuale, in quanto la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve era stata esclusa in contesti regolati da linee guida e buone prassi accreditate, mentre oggi la distinzione tra colpa lieve e colpa grave è scomparsa e la valutazione della colpa è stata ancorata al parametro del rispetto delle linee guida, per le quali è stata dettata una disciplina articolata e innovativa.
Nella seconda sentenza, invece, i giudici, ribaltando completamente la propria posizione, hanno ritenuto che è la legge Gelli ad essere più favorevole, proprio per il fatto di aver previsto una clausola di esclusione di punibilità che opera nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa.
È chiaro che il contrasto, pericolosamente netto, deve essere in qualche modo sanato. Chissà le Sezioni Unite in che direzione decideranno di andare...
Lettera del presidente della quarta sezione penale della CassazioneCorte di cassazione sentenza numero 28187/2017
Corte di cassazione sentenza numero 50078/2017