Per la Cassazione, se l'abitazione è destinata a casa familiare, il contratto dura sino a quando perdurano le esigenze abitative

di Valeria Zeppilli - Se il comodato ha ad oggetto un'abitazione destinata dal comodatario a casa familiare, il termine finale del contratto va desunto dall'uso per il quale l'immobile è stato consegnato e, di conseguenza, il comodato dura sino a quando permangono le esigenze abitative della famiglia, indipendentemente dall'eventuale crisi del legame coniugale.

La Cassazione ha avuto modo di affermarlo nella sentenza numero 26954/2017 del 15 novembre (qui sotto allegata), chiarendo inoltre che la prova della concessione di un immobile in comodato per la sua destinazione familiare può essere fornita anche "tramite inferenze probatorie, desumibili da ogni utile fatto secondario allegato e dimostrato, quale ad esempio, lo stato di coniugio del comodatario o la sua prossimità alle nozze".

Comodato e vincolo di destinazione

I giudici, nella medesima pronuncia, hanno altresì precisato che l'esigenza di conservazione della casa familiare nell'interesse della prole fa sì che all'immobile venga impresso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari a favore di tutti i componenti della famiglia e non solo a titolo personale del comodatario.

Del resto, il diritto all'abitazione deve essere ricondotto ai diritti sociali inviolabili della persona di cui all'articolo 2 della Costituzione e, pertanto, assume una rilevanza costituzionale tale da rendere il vincolo di destinazione una garanzia degli interessi della famiglia e, come tale, prevalente rispetto all'interesse delle parti originarie del contratto.

In definitiva, quindi, non solo il contratto di comodato relativo a un'abitazione destinata a casa familiare dura sino a quando perdurano le esigenze abitative, ma il suo riconoscimento come contratto a tempo indeterminato vale nei confronti di tutti i componenti della famiglia, anche a prescindere da chi ne sia stato effettivamente e formalmente parte.

Corte di cassazione testo sentenza numero 26954/2017
Valeria Zeppilli

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