di Lucia Izzo - Può scattare il concorso di colpa del pedone, investito dal conducente del veicolo, se questi tiene un comportamento particolarmente imprudente, come, ad esempio, attraversare di notte al di fuori delle strisce pedonali.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza 27524/2017 (qui sotto allegata), che ha rigettato il ricorso di una donna che, dopo essere stata investita da un autoveicolo, aveva chiesto il risarcimento dei danni subiti.
Se il Tribunale aveva accolto la domanda e condannato i convenuti in solido al pagamento all'attrice di oltre 160mila euro, la Corte d'Appello ha ritenuto sussistente un concorso colposo della vittima del 20% nella causazione del sinistro.
Una decisione contestata in Cassazione dalla difesa dell'attrice, secondo cui il giudice a quo avrebbe affermato "l'inammissibile principio che, in ogni caso, in assenza di strisce pedonali, la precedenza spetta al conducente";
Concorso di colpa del pedone investito per aver attraverso di notte fuori dalle strisce
In realtà, spiegano gli Ermellini, il giudice di merito non ha negato in iure che il conducente di un autoveicolo risponda in via presuntiva dei danni causati con la circolazione, ma ha ritenuto in facto che il pedone abbia tenuto comunque una condotta colposa, consistita nell'aver attraversato la strada di notte senza servirsi degli attraversamenti pedonali.
Pertanto, nonostante l'incombenza sugli automobilisti degli obblighi previsti dal Codice della Strada, si è ritenuto che anche il pedone avesse violato le regole di comune prudenza e, senza tale violazione, il sinistro non si sarebbe verificato. Affermazione tutt'altro che contrastante con le norma di legge, come aveva suggerito la difesa, bensì applicativa del precetto ex art. 1227, comma primo, del codice civile.
La Cassazione evidenzia come la Corte territoriale abbia preso in esame la condotta dell'automobilista, ritenendola "sicuramente colposa", e tenuto conto della violazione dei limiti di velocità, reputando "distratta" la guida conducente, senza aver dunque omesso di considerare alcun fatto decisivo e controverso.
Lo stesso giudice, inoltre, ha fatto puntuale applicazione della legge ritenendo colposa anche la condotta del pedone che aveva attraversato la strada di notte e fuori dalle strisce pedonali: secondo l'art. 190, comma 5, C.d.S, infatti, "i pedoni che si accingono ad attraversare la carreggiata in zona sprovvista di attraversamenti pedonali devono dare la precedenza ai conducenti"
Sinistri stradali: non risarcibili i danni derivanti dall'invalidità pregressa
In Cassazione, la difesa della donna contesta anche la modalità con cui la sentenza impugnata ha determinato il danno alla salute patito dalla ricorrente: il giudice d'appello averbbe dovuto considerare i preesistenti disturbi psichici della vittima come una concausa naturale del danno complessivo.
In altre parole, la Corte territoriale avrebbe dovuto addossare l'intero danno al responsabile poiché, nel concorso tra una causa umana di danno e una causa naturale, non avrebbe dovuto distinguere quanta parte del danno psichico fosse imputabile alle concause preesistenti, e quanta parte al sinistro.
Per i giudici di piazza Cavour, tuttavia, in tal modo la ricorrente confonde il problema della causalità, con quello della stima del danno, ovvero le nozioni di causalità naturale e causalità giuridica: sul piano della causalità naturale, spiega il Collegio, è corretto affermare che l'autore di un fatto illecito risponda di tutti i danni che ne sono derivati, a nulla rilevando che essi siano stati concausati anche da eventi naturali.
Tanto stabilito, si pone il diverso problema della stima di questi danni alla salute che, secondo un insegnamento pacifico nella medicina legale, dovrà tenere conto dello stato anteriore di salute della vittima.
In particolare, se il danneggiato era afflitto già prima del sinistro da una patologia pregressa e irreversibile dagli effetti già invalidanti, il danno risarcibile deve essere determinato considerando sia la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo il fatto illecito e lo stato patologico pregresso, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo imputabile (commissivo od omissivo).
Principi di cui, nel caso di specie, è stata fatta corretta applicazione dalla Corte d'Appello che, senza ridurre la responsabilità dell'investitore per il fatto che la vittima fosse invalida già prima dell'investimento, ha solo escluso dal novero dei danni risarcibili l'invalidità di cui comunque la vittima sarebbe stata portatrice, anche se non fosse stata investita.