Lo dimostra il diverso orientamento assunto in prima battuta dal Tar Lazio (Sezione 1 bis, sentenza n. 393/2017), poi di recente dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4586 del 3 ottobre 2017 (sotto allegata).
Al di là dell'esito del contenzioso e prima di arrivare al punto centrale che ci interessa più da vicino, cioè l'individuazione esatta del termine di avvio del procedimento disciplinare di stato, prendiamo spunto dai dati offerti da questa lite.
Il primo grado del processo
Il Tar accoglie il ricorso di un maresciallo e annulla il decreto ministeriale che reca la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, la cessazione dal servizio permanente e l'iscrizione d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado.
Per stabilire la tempestività o meno dell'emanazione del provvedimento disciplinare impugnato, i giudici di primo grado dicono:
a) la sentenza è stata trasmessa, in copia integrale compresa la dizione di irrevocabilità della stessa, in una specifica data presso un certo ufficio della p.a. destinataria,
b) siccome vige il principio dell'unicità dell'amministrazione anche con riferimento alle sedi distaccate, questa "specifica data" è la data in cui la sentenza si considera compiutamente partecipata all'amministrazione,
c) la conclusione del ragionamento è che, dal momento che la conclusione del procedimento con l'adozione del provvedimento finale è giunto oltre il termine di 270 giorni decorrenti dalla "specifica data" sopra richiamata, risulta superato il termine di conclusione del procedimento disciplinare.
Il secondo grado del processo
Come abbiamo accennato, il C.d.S. osserva l'intera vicenda da una diversa angolazione.
Il nodo centrale è individuare l'ufficio, nell'ambito dell'amministrazione di appartenenza del militare che, ricevuta la copia integrale della sentenza penale, fa scattare quel particolare "tipo di conoscenza" idoneo a far decorrere il termine perentorio per la conclusione del procedimento disciplinare.
Ora, la norma (art. 1392 d. lgs. n. 66/2010) in sintesi di ci dice che il procedimento disciplinare di stato, a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza
o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione. Il procedimento deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza (...).In generale quindi (e nella vicenda trattata), il termine iniziale per l'esercizio dell'azione disciplinare coincide con la data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza.
Più precisamente: con la data in cui l'ufficio dell'amministrazione "a ciò deputato" ha ricevuto cognizione dell'atto, essendo questo pervenuto nella sfera di disponibilità della stessa.
La conseguenza è che il Consiglio di Stato parla non di un qualsiasi ufficio, ma dell'ufficio a ciò deputato, quale potrebbe essere il Comando di appartenenza del militare al momento della trasmissione della copia o (restando al caso trattato) il plesso dei Carabinieri presso l'ufficio giudiziario che ha emanato la sentenza.
Si tratta, in buona sostanza, di una specificazione che tende a dare certezza e ad evitare che l'eventuale inerzia di uffici dell'amministrazione (a ciò non deputati) possa arbitrariamente condizionare -in un senso o nell'altro- la decorrenza del termine di avvio del procedimento, con conseguente rischio di lesione dei diritti di difesa dell'incolpato.
La decisione del Consiglio di Stato
Stando all'orientamento del Consiglio di Stato qui sinteticamente commentato, per la decorrenza del termine di 270 giorni utili alla conclusione del procedimento disciplinare bisogna guardare a quando la copia della sentenza è stata inviata all'ufficio dell'amministrazione militare deputato a riceverla, così da potersi dire conseguita l'integrale conoscenza voluta dall'art. 1392 d. lgs. n. 66/2010.
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Consiglio di Stato, sentenza n. 4586/2017