di Paolo M. Storani - Il pensiero va istintivamente a Ray Carver, immenso e sfortunato scrittore statunitense, ed al titolo di una raccolta di racconti esemplare per chi si avvicini al foglio bianco, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.
Titolo che prendiamo a prestito per commentare una recente pronuncia in tema di autovelox.
Finalmente la lettura di una sentenza, quella depositata il 6 ottobre 2017 con il numero 944/2017 del relativo registro, frutto della penna del Giudice di Pace di Benevento Massimo Amato, lineare ed istruttiva sul problema degli autovelox, della loro taratura e, aspetto dimenticato dai più, della verifica del loro buon funzionamento.
Quante volte ci arriva una sanzione che ci infligge pure tre punti di penalizzazione sulla patente per aver violato di un niente il limite di velocità, defalcata la tolleranza, e dobbiamo fidarci, da autentici sudditi, della misurazione di un aggeggio risalente non si sa a quanti anni prima.
Spesso i nostri enti locali, nel gestire siffatti residuati bellici, si dimenticano delle sentenze anche se pronunciate ai più elevati livelli: ad esempio come Corte Cost. 18 giugno 2015, n. 113, e Cass., Sez. II Civ., 11 maggio 2016, n. 9645.
Ispirandosi proprio alla pronuncia della Consulta la S.C. testualmente stabilisce: "per effetto della detta decisione della Corte regolatrice, deve ritenersi affermato il principio che tutte le apparecchiature di misurazione della velocità (che è elemento valutabile e misurabile) devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, che non può essere dimostrato o attestato con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità".
Talché, il certificato di taratura di per sé non legittima il corretto funzionamento dell'apparecchiatura.
Ricordiamo che la Corte Costituzionale 113/2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 45, 6° co., del Codice della Strada per violazione dell'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni di limiti di velocità siano sottoposte a verifiche con periodicità, sia in ordine alla taratura che alla funzionalità.
In effetti, così come interpretata sino a quel momento (2015), la norma esonerava i soggetti utilizzatori dall'obbligo di verifiche periodiche di funzionamento e taratura e ciò collide con il principio di ragionevolezza.
Tutte queste nozioni innovative vengono spiegate con passo sicuro nel progredire dell'impianto motivazionale sannita.
Il Giudice di Pace ha, infatti, delibato con piena cognizione, in virtù dell'effetto devolutivo della contestazione della pretesa sanzionatoria in ordine alla legittimità ed alla fondatezza dell'addebito.
Esito: ricorso dell'Avv. Roberto Iacovacci del Foro di Latina accolto, provvedimento annullato, spese di lite parzialmente compensate e condanna della Prefettura di Benevento al pagamento di € 143,00, di cui € 43,00 per esborsi (l'odiato balzello del contributo unificato, la cui applicazione nelle opposizioni a sanzioni amministrative è puro arbitrio statuale) con attribuzione in favore del procuratore costituito.
Con la conclusione che il principio di diritto può essere così compendiato con le medesime espressioni rinvenibili nella decisione sannita: "in assenza di idonea procedura di verifica del funzionamento, qualsiasi apparecchiatura elettronica risulta inattendibile e non idonea a provare la fondatezza dell'accertamento amministrativo".
Ha fornito la sua collaborazione nel procurarci la notizia il Perito Giorgio Marcon.
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