di Lucia Izzo - Merita un ristoro economico il danno non patrimoniale legato alla perdita dell'animale da affezione poichè la sua tutela rappresenta un diritto inviolabile tutelato attraverso l'aggancio all'art. 2 della Costituzione, trattandosi, sempre più spesso, di un vero e proprio "membro della famiglia".
Lo ha stabilito il Tribunale di Vicenza nella sentenza n. 24/2017 (qui sotto allegata) chiamato a pronunciarsi sulla vicenda riguardante la perdita di un cane che i padroni avevano affidato alla clinica veterinaria.
La vicenda
In particolare, l'animale era stato sottoposto a un intervento chirurgico e, dopo l'operazione, era fuggito dalla struttura e non era stato più ritrovato, nonostante l'immediata denuncia di smarrimento e le approfondite ricerche.
Da qui l'istanza, da parte dei proprietari, volta a convenire in giudizio la clinica affinché venisse condannata al risarcimento di tutti i danni patrimoniali (per la pubblicazione degli annunci di smarrimento) e non patrimoniali patiti in conseguenza della perdita del loro animale d'affezione.
Secondo gli attori, la fuga e la presumibile morte del cane (stante le sue precarie condizioni di salute legate all'intervento chirurgico appena effettuato) erano da ricondurre all'omessa vigilanza e negligenza del personale di turno preposto alla custodia dell'animale, che era stato lasciato libero di circolare all'interno dei locali dell'ambulatorio durante la pulizia della cuccia, uscendo poi dalla porta d'ingresso rimasta aperta.
Va risarcito il danno non patrimoniale per la perdita dell'animale domestico
Per il Tribunale sussiste l'inadempimento del contratto d'opera professionale con cui la clinica si era impegnata, non solo, allo svolgimento dell'intervento chirurgico, ma a porre in essere le successive cure post operatorie provvedendo alla custodia e alla sorveglianza dell'animale durante la degenza, apprestando tutte le misure e gli accorgimenti necessari a evitarne la fuga.
Confermata la responsabilità della clinica per l'evento dannoso, ex art. 1228 c.c., il giudice vicentino sposta la sua attenzione sull'individuazione e quantificazione dei danni ritenendo, non solo, che sussista un pregiudizio patrimoniale, ma anche un danno non patrimoniale (nella specie un danno morale risarcibile ex art. 2059 c.c.) provocato dalla morte dell'animale da affezione, nonostante il contrario indirizzo giurisprudenziale avallato dalle Sezioni Unite del 2008.
Sempre più numerose pronunce della giurisprudenza di merito, evidenzia il giudicante, propongono una rimeditazione della decisione del Supremo Collegio elevando al rango di diritto inviolabile ex art. 2 Cost. la tutela dell'animale d'affezione, anche sulla scorta dei recenti interventi legislativi (es. L. 189/2004) tendenti ad assicurare speciale protezione agli animali mediante lo strumentario repressivo penalistico.
Il rapporto con gli animali domestici, si legge in sentenza, non può essere paragonato a quello con una cosa, trattandosi di una relazione con esseri viventi prevalentemente fonti di compagnia e, nella maggior parte dei casi, considerati dai loro padroni come "membri della famiglia".
Non può, pertanto, essere condiviso nell'attuale e mutato contesto sociale, l'orientamento che considera privo di copertura costituzionale il rapporto d'affetto tra uomo e animale, non potendosi dubitare del fatto che in molte ipotesi in detto rapporto si inserisce una di quelle attività realizzatrici della persona che la Costituzione tutela all'articolo 2.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ritiene di dover aderire all'indirizzo giurisprudenziale favorevole al risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita dell'animale d'affezione, anche al di fuori dei casi di danno conseguente a reato, nel caso di specie quantificato in 3.500,00 euro oltre interessi
Tribunale di Vicenza, sent. 24/2017• Foto: 123rf.com