di Valeria Zeppilli - Le ferie sono uno dei diritti fondamentali riconosciuti ai lavoratori. Eppure non di rado accade che il datore di lavoro impedisca ai propri dipendenti di esercitare tale diritto o non lo retribuisca.
Sul punto, la Corte di giustizia dell'Unione Europea si è pronunciata con la sentenza del 29 novembre 2017 (qui sotto allegata), conclusiva del caso Conley King contro The Sash Window Workshop Ltd e Richard Dollar (C-214/16), che, sebbene riguardi la vicenda di un lavoratore britannico, ha in realtà una portata di carattere generale, estensibile a gran parte dei lavoratori dell'Unione Europea.
La vicenda
Nel caso di specie, Conley King aveva lavorato per la Sash Window Workshop dal 1999 al 2012, anno del suo pensionamento. Durante il rapporto di lavoro non aveva goduto di tutte le ferie che gli spettavano e aveva goduto di ferie non retribuite.
Alla fine del rapporto si era quindi rivolto al suo datore di lavoro per ottenere il pagamento di quanto gli spettava, ottenendo in secco diniego.
Illegittimo arricchimento del datore
La Corte di giustizia, confrontandosi con la vicenda di King e dopo aver attentamente ripercorso la disciplina europea delle ferie, ha concluso che l'articolo 7 della direttiva 2003/88 è contrario a quelle disposizioni nazionali o pratiche che impediscono al lavoratore di trasferire ed, eventualmente, accumulare le ferie annuali retribuite e non godute in diversi periodi di riferimento, fino alla cessazione del rapporto di lavoro, solo perché il datore di lavoro ha rifiutato di pagare le ferie stesse.
In assenza di previsioni che fissino un limite al riporto delle ferie in conformità al diritto europeo, insomma, ammettere che il diritto alle ferie annuali retribuite acquisite dal lavoratore si estingua equivale a legittimare un illegittimo arricchimento del datore di lavoro che contrasta con l'obiettivo della direttiva del 2003 di tutelare la salute del lavoratore.
CGUE testo sentenza 29 novembre 2017• Foto: 123rf.com