di Annamaria Villafrate - La richiesta di rimessione del procedimento avanzata da un imputato per il delitto di omicidio pluriaggravato, è stata rigettata dalla Corte di Cassazione. L'istanza si fondava sulla pubblicazione di commenti sui fatti di causa da parte della persona offesa e del di lei compagno su Facebook. A parere dell'imputato questo costituiva "la grave situazione locale" di cui all'art. 45 c.p.p.
Cassazione: la rimessione ha carattere eccezionale
La Corte di Cassazione penale, sez. I, con ordinanza n. 8788 del 2017 (sotto allegata), ha ritenuto il ricorso infondato sulla base delle seguenti motivazioni: "L'istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un'interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii. Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice (inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall'altro che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa (Sez. 2, Sentenza n. 17519 del 25/03/2004).
I commenti su Facebook non giustificano la rimessione
Deve essere riaffermato il principio costantemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale la grave situazione locale idonea a configurare cause di rimessione del processo ad altra sede deve essere, oltre che concreta, effettiva e non opinabile, anche di incontrovertibile attualità e tale da non essere superabile se non con il trasferimento del processo ad altro ufficio giudiziario (Sez. 1, Sentenza n. 52976 del 07/10/2014). Tanto premesso, va evidenziato che non vi è alcuna prova che i commenti presenti sul social network siano riferibili ai soggetti individuati dal ricorrente, non apparendo sufficiente l'utilizzo di una pagina Facebook
intestata al nominativo di un soggetto per concludere che la stessa sia effettivamente allo stesso in uso e che i commenti ivi presenti siano stati dallo stesso effettuati. Oltre a ciò, deve essere evidenziato che, in ogni caso, i citati commenti, certamente inurbani e discutibili, non sono in grado di alterare la situazione locale al punto da influire sul processo in corso, perché non è documentata alcuna conseguenza di tali pubblicazioni". Cassazione, ordinanza n. 8788/2017• Foto: 123rf.com