di Lucia Izzo - Sono ripetibili dal cliente gli interessi anatocistici laddove la banca non ne abbia pattuito la misura: in tal caso, infatti, non trova applicazione il principio secondo cui il pagamento spontaneo costituisce adempimento di un'obbligazione naturale.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell'ordinanza n. 30114/2017 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un istituto di credito contro una società.
Quest'ultima, in prime cure, aveva agito per ottenere la ripetizione delle somme incamerata dalla banca a titolo di interessi anatocistici e ultralegali e di commissioni di massimo scoperto, ma la domanda era stata respinta dal Tribunale sul presupposto che i pagamenti effettuati costituissero adempimento di un'obbligazione naturale.
A diversa conclusione giunge la Corte d'Appello che, accogliendo il gravame della società, ritiene che nella specie difettasse, ai fini della dell'invocata liberatoria, la condizione della spontaneità dell'adempimento richiesta dall'art. 2034 c.c.; comunque, aggiunge la Corte, l'erogazione di somme non dovute, segnatamente quando essa ha luogo in base ad un titolo invalido, dà di per sé luogo alla ripetizione dell'indebito "astraendo dalla spontaneità".
Interessi anatocistici ripetibili se la banca non ne ha pattuito la misura
Ricorrendo in Cassazione, la banca sottolinea l'erroneità della decisione in diritto, poiché la ripetibilità delle somme, pur se non dovute, deve escludersi quando l'adempimento sia spontaneo.
Un'assunto che, effettivamente, gli Ermellini confermano, precisando, tuttavia, che "intanto può aversi l'irripetibilità, in quanto un patto, benché invalidamente documentato, abbia comunque determinato la misura degli interessi".
In sostanza, secondo i giudici, deve concludersi che, laddove quel patto non ci sia, non trova applicazione la regola dell'irripetibilità (cfr. Cass., Sez. I, 16/02/2010, n. 3619); il principio di cui all'art. 2034 c.c., pertanto, non opera se manca una pattuizione determinate la misura degli interessi.
In tal caso, infatti, non è argomentabile un dovere morale o sociale che possa legittimare un adempimento spontaneo non ripetibile. E poiché, nella vicenda in esame, non è documentato che la specifica pretesa della banca avesse un fondamento pattizio (anzi, sembrerebbe il contrario), non è censurabile la decisione del giudice d'appello, dovendosi quindi rigettare l'impugnazione.
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