di Annamaria Villafrate - Ai nipoti non conviventi spetta il risarcimento del danno da perdita parentale per la morte del nonno. Ciò che conta infatti è il rapporto affettivo. La Cassazione (nella sentenza n. 29332/2017 sotto allegata) coglie l'occasione per precisare che la convivenza è uno degli elementi probatori, non l'unico, da cui poter desumere la profondità del rapporto tra nonno e nipote.
La vicenda
Dopo la morte del padre a causa di un incidente stradale, i figli del defunto agiscono in proprio e in nome e per conto dei rispettivi figli minori. Il risarcimento per il danno parentale viene riconosciuto alla figlia e alla nipote convivente. Al figlio non convivente viene liquidato un importo inferiore rispetto a quello della sorella. Al nipote non convivente infine non viene risarcito alcun danno. La Corte d'appello respinge i ricorsi delle parti, confermando la sentenza di primo grado. A questo punto i parenti del defunto insoddisfatti adiscono la Cassazione.
Cassazione: la convivenza non prova il legame affettivo tra nonno e nipote
I ricorrenti censurano innanzi al Palazzaccio, la decisione di merito "per avere negato il risarcimento del danno parentale ai nipoti (ex filio) non conviventi con la vittima, affermando che "la lesione da perdita del rapporto parentale subita da soggetti estranei al ristretto nucleo familiare come nel caso di specie è risarcibile ove sussista una situazione di convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela anche allargate, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario".
Sostengono i ricorrenti che, in conformità a giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n.15019/2005 e Cass. Pen. n. 29735/2013) e di merito, il rapporto tra nonno e nipote deve essere riconosciuto come "legame presunto che legittima il risarcimento per la perdita familiare", a prescindere dal rapporto di convivenza."
La Cassazione accoglie il secondo motivo del ricorso perché in conformità al principio secondo cui, "in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale 'da uccisione', proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la "società naturale", cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. "famiglia nucleare", il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto" (Cass. n. 21230/2016), in tali termini dovendosi considerare superato il diverso orientamento richiamato dalla sentenza impugnata.
Deve dunque ritenersi che anche "il legame parentale fra nonno e nipote consenta di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita della relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e di solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l'effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno".
Cassazione civile sentenza n. 29332 - 7 dicembre 2017