di Annamaria Villafrate - La P.A che vuole coprire i posti vacanti tramite concorso pubblico, pubblicando il relativo bando, deve assumere chi lo ha superato entrando in graduatoria. La Cassazione (nella sentenza allegata) ritiene infatti che la pubblicazione del bando equivale a una offerta al pubblico che vincola la P.A. datrice di lavoro pubblico, all'obbligo dell'assunzione secondo correttezza e buona fede.
La vicenda
Una candidata a un concorso pubblico per ricoprire un posto di categoria D si colloca seconda in graduatoria. La vincitrice del concorso si dimette, per cui la seconda classificata chiede di essere assunta, visto che il posto è vacante. L'Università banditrice del concorso però rigetta la richiesta. La candidata ricorre in Tribunale che, in primo grado, gli riconosce il diritto all'assunzione a tempo indeterminato. La Corte d'Appello conferma la decisione di grado perché l'Università non ha prodotto alcuna documentazione comprovante la soppressione del posto, essa inoltre è tenuta ad adempiere le obbligazioni economiche derivanti dal diritto all'assunzione. L'Università, insoddisfatta dell'esito dell'appello, adisce la cassazione.
Cassazione: l'assunzione è un atto dovuto della P.A che ha pubblicato il bando
L'Università denuncia alla Suprema Corte con il secondo motivo: "la violazione dell'art. 1336 c.c. anche in relazione all'art. 1351 c.c., nonché del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35. Censura l'affermazione della Corte che, qualificato il bando quale offerta al pubblico, aveva riconosciuto alla P., all'esito della procedura concorsuale, il diritto all'assunzione con obbligo della P.A. alla stipula del definitivo. Richiamato l'art 35 D.Lgs. citato, osserva che il rapporto di lavoro con la P.A. si costituiva solo con la stipula del contratto individuale di lavoro e, dunque, pur volendo ritenere che il bando costituisse offerta al pubblico, prima della stipula del contratto di lavoro non sussisteva alcun rapporto di lavoro e, pertanto, non ricorreva alcuna responsabilità contrattuale in capo all'Università.
Con il terzo motivo "la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, del D.P.R. n. 487 del 1994 in relazione all'art. 1218 c.c. Ribadisce che non vi era stato alcun inadempimento imputabile all'amministrazione, non essendovi alcun obbligo di procedere alla stipula del contratto e, comunque, in via subordinata,aveva rilevato che la condotta della P.A. era del tutto legittima perché conforme agli atti di macro organizzazione con i quali aveva disposto la soppressione del posto."
La Cassazione ritiene infondati entrambi i motivi esaminati congiuntamente poiché: "Non risulta, infatti, censurabile la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto fondata la pretesa della ricorrente di essere assunta. Nella fattispecie in esame non solo il bando fissava la validità della graduatoria per due anni, ma nessun problema di valutazione di disponibilità o di vacanza del posto, dopo l'approvazione della graduatoria, si poneva atteso che il posto per il quale la P. ha chiesto l'assunzione era proprio l'unico posto messo a concorso, e, dunque, vacante e disponibile, in ordine al quale, dunque, non era necessaria alcuna nuova determinazione della P.A, che già aveva espresso le sue decisione nello stesso bando. Nè, come si è detto, l'Università ha provato atti o comportamenti che abbiano determinato il venire meno della delibera con cui era stato bandito il posto e, cioè, un provvedimento di soppressione del posto.
E' noto che, qualora la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti attraverso il sistema del concorso e abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali, prevedendo il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile, sono rinvenibili, in un tale comportamento, gli estremi dell'offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico, non solo al rispetto della norma con la quale ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l'obbligazione secondo correttezza e buona fede. Il superamento di un concorso pubblico, indipendentemente dalla nomina, invero, consolida nel patrimonio dell'interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo (Cass. n. 9384 del 2006, n. 23327/2009, n. 21671/2013, n. 14397/2015), con la conseguenza che può affermarsi che l'assunzione della ricorrente costituisca un atto dovuto da parte dell'amministrazione che ha pubblicato il bando di concorso."
Cassazione civile Sezioni Unite sentenza n. 29916 - 13 dicembre 2017• Foto: 123rf.com