Analisi di alcune interessanti sentenze che si sono confrontate sullo streaming

di Valeria Zeppilli

Le sentenze sullo streaming

Lo streaming è una prassi che, a seconda dei casi, può essere legale o illegale e che ai giorni nostri, con l'evolversi e il dilagare delle tecnologie, è divenuta sempre più diffusa.

Si tratta, in sostanza, di un flusso di dati audio/video diretto da una determinata sorgente a una rete telematica, mediante il quale è possibile accedere a film, trasmissioni e eventi sportivi tramite internet (leggi: "Film in streaming? Ecco dove guardarli è legale").

Proprio l'importanza che lo streaming ha assunto negli ultimi anni ha dato alla giurisprudenza sull'argomento una rilevanza fondamentale, specie per comprendere entro quali termini esso può effettivamente essere considerato un fenomeno legale.

Soffermiamoci quindi ad analizzare alcune delle più rilevanti pronunce della Corte di giustizia dell'Unione Europea e dei giudici di merito nazionali.

La corte europea sullo streaming

Il caso Stichting Brein c. Jack Frederik Wullems

Partendo dalle sentenze della giurisprudenza europea, merita innanzitutto di essere segnalata la pronuncia del 26 aprile 2017, resa nel caso Stichting Brein c. Jack Frederik Wullems (anche operante con la denominazione commerciale "Filmspeler"), con la quale si è sancito che i requisiti indicati nell'articolo 5, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2001/29/CE non sono soddisfatti dagli atti di riproduzione temporanea di un'opera protetta dal diritto d'autore mediante un lettore multimediale che consente l'apertura di collegamenti web alle pagine di un sito appartenente a un terzo che la offre senza l'autorizzazione del titolare del relativo diritto.

Si ricorda che il paragrafo 1 del predetto articolo 5 sancisce che "sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all'articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all'articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all'unico scopo di consentire: a) la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario o b) un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali", mentre il paragrafo 5 sancisce che "le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare".

Il caso ITV Broadcasting Limited e altri contro TVCatchup Limited e altri

Con la sentenza resa il 1° marzo 2017 nel caso ITV Broadcasting Limited e altri contro TVCatchup Limited e altri, invece, la Corte di giustizia ha sancito che escludere che la ritrasmissione immediata via cavo, eventualmente anche tramite internet, di un'opera diffusa su dei canali TV soggetti a obblighi di servizio al pubblico violi il diritto d'autore è una scelta legislativa contraria all'articolo 9 della direttiva 2001/29/CE. Infatti, per i giudici europei, la trasmissione in live streaming è una modalità ordinaria di "comunicazione al pubblico", che rileva ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 della direttiva (che si occupa del diritto di comunicazione di opere al pubblico).

Il caso UPC Telekabel Wien GmbH contro Constantin Film Verleih GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft mbH

Venendo al caso UPC Telekabel Wien GmbH contro Constantin Film Verleih GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft mbH, la Corte europea lo ha risolto affermando che i diritti fondamentali dell'UE non ostano ai divieti, mediante ingiunzione da parte del giudice, di concedere l'accesso a un sito internet che pubblica sul web dei materiali protetti senza ottenere il consenso dei titolari dei relativi diritti. A tal fine, però, per i giudici è fondamentale che l'ingiunzione non specifichi le misure che il fornitore del predetto accesso deve adottare e gli permetta di evitare sanzioni per la violazione dell'ingiunzione stessa se dimostra di aver adottato tutte le misure ragionevoli. Inoltre è indispensabile che le misure adottate, da un lato, non proibiscano inutilmente agli utenti di Internet di accedere in modo lecito alle informazioni disponibili e, dall'altro, impediscano o rendano difficile consultare in maniera non autorizzata materiali protetti e, così, scoraggino seriamente tale prassi.

Il caso ITV Broadcasting Ltd contro TVCatchup Ltd

Merita infine di essere segnalata la sentenza del 7 marzo 2013, conclusiva del caso ITV Broadcasting Ltd contro TVCatchup Ltd.

Con essa, infatti, la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha chiarito cosa debba intendersi effettivamente per comunicazione al pubblico rilevante ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2001/29/CE, precisando, in particolare, che essa riguarda una ritrasmissione delle opere incluse in una radiodiffusione televisiva terrestre effettuata da un organismo diverso dall'emittente originale,

utilizzando un flusso Internet messo a disposizione degli abbonati del predetto organismo mediante connessione al suo server, possibile nonostante gli abbonati si trovino nell'area di ricezione della radiodiffusione televisiva terrestre e la possano ricevere legalmente su un apparecchio televisivo.

I tribunali italiani sullo streaming

Tribunale di Frosinone n. 181/2017

Venendo alle pronunce di merito dei giudici italiani, si segnala innanzitutto la sentenza numero 181/2017 del Tribunale di Frosinone, che ha affermato che la messa a disposizione mediante visione in streaming di un catalogo multimediale di opere cinematografiche e televisive tutelate dal diritto d'autore fatta senza aver prima ottenuto le licenze di sfruttamento da parte della SIAE è un comportamento che può essere punito ai sensi dell'articolo 171-ter, comma 2, lett. a-bis), della legge sul diritto d'autore solo se è provata la finalità di lucro.

La finalità di lucro, infatti, rappresenta un requisito essenziale di punibilità e si identifica nell'intenzione del file sharer di trarre un guadagno economicamente apprezzabile dalla comunicazione al pubblico, senza che sia a tal fine sufficiente l'obiettivo di ottenere un mero guadagno di spesa.

Tribunale di Milano 27 luglio 2016

Con sentenza del 27 luglio 2016, invece, il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso di un titolare di diritti televisivi esclusivi di trasmissione in diretta digitale di partite di calcio, presentato contro il gestore di un sito web che aveva trasmesso le stesse partite, contemporaneamente, in live streaming.

Per il giudice, infatti, tale trasmissione deve ritenersi una fonte di pregiudizio grave e irreparabile per il titolare dell'esclusiva, ledendo in maniera macroscopica la sua immagine commerciale e introducendo un forte elemento di dissuasione alla stipula o al rinnovo degli abbonamenti.

Tribunale di Roma 5 giugno 2013

Va segnalata, poi, un'interessante pronuncia della sezione proprietà industriale e intellettuale del Tribunale di Roma, datata 5 giugno 2013, che ha chiarito che un singolo articolo di informazione sulla diffusione gratuita di partite di calcio in streaming costituisce un esercizio legittimo del diritto di cronaca e di critica. Lo stesso, però, per i giudici non può dirsi con riferimento al "sistematico e ripetuto rinvio, mediante il link contenuto nel comunicato informativo delle singole partite in procinto di svolgimento": tale prassi, infatti, non ha l'effetto di porre il pubblico a conoscenza dell'illiceità del fenomeno, quanto quello di offrire uno strumento mediante il quale individuare facilmente e in maniera immediata i siti web ove accedere all'evento in maniera gratuita.

Del resto, se la finalità è quella di informare circa l'illiceità di un fenomeno, il ricorso al link ipertestuale (come fatto nel caso di specie) non risulta affatto necessario, essendo sufficiente (oltre che più corretto ed efficace) limitarsi a far riferimento all'illiceità della diffusione delle partite su siti internet diversi da quelli dei licenziatari.

Tribunale di Milano 14 aprile 2010

Anche la giurisprudenza nazionale di merito si è poi occupata di "comunicazione al pubblico" e, a tal proposito, può pensarsi a quanto affermato dal Tribunale di Milano con sentenza del 14 aprile 2010.

In tale pronuncia, infatti, è stato precisato che all'interno della predetta nozione vanno ricompresi tutti gli atti di trasmissione di contenuti protetti diretti a un pubblico che non è presente ma è comunque in grado di riceverli attraverso una modalità di connessione su filo o senza filo, chiarendo che tra di essi deve essere annoverata anche la diffusione televisiva via etere, via satellite, via cavo e, quindi, anche quella in modalità streaming.

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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