Sul punto, in particolare, i giudici hanno precisato che tale diritto sussiste a prescindere da un preventivo intervento chirurgico: per la rettificazione è sufficiente che il percorso scelto sia serio e univoco e, ove necessario, che venga accertata la compiutezza dell'approdo finale mediante accertamenti tecnici rigorosi, compiuti in sede giudiziale.
Se ricorrono questi presupposti, la preventiva modificazione chirurgica dei caratteri sessuali anatomici primari non è necessaria.
Rettifica sesso: la legge n. 164/1982
Del resto, l'articolo 1 della legge numero 164/1982 pone come unica condizione per la domanda di rettifica del sesso, l'avvenuta modificazione dei caratteri sessuali dell'interessato, mentre non richiede espressamente il previo intervento chirurgico.
Per quanto riguarda la procedura, oltretutto, la norma fa riferimento all'articolo 31 del d.lgs. n. 150/2011, in base al quale "quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato".
E a tal proposito la formula normativa "quando risulta necessario" si pone a ulteriore sostegno della conclusione cui è giunta la Cassazione, posto che essa va interpretata "nel senso di non imporre l'intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari ai fini della rettifica di sesso".
Insomma: l'autorizzazione giudiziale al trattamento medico-chirurgico non è né un presupposto processuale né una condizione di procedibilità della domanda di rettificazione di sesso, ma rappresenta un procedimento eventuale che diviene necessario solo se il giudice lo reputi tale all'esito di un'analisi condotta tenendo conto di tutte le circostanze e le specificità del caso concreto (ad esempio quando risulti indispensabile per permettere al soggetto interessato di raggiungere un equilibrio psicofisico stabile).
Corte di cassazione testo sentenza numero 30125/2017• Foto: 123rf.com