di Lucia Izzo - Condizionare la non punibilità per particolare tenuità del fatto alla non abitualità del comportamento penalmente illecito, non è una circostanza che viola il principio di uguaglianza stabilito dalla Costituzione, posto che, anche in presenza di fatti analoghi, le ineguali condizioni soggettive giustificano il diverso trattamento penale
Lo ha precisato la Corte Costituzionale nell'ordinanza n. 179/2017 (qui sotto allegata), dichiarando manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Padova in relazione alla disciplina che condiziona la non punibilità per la particolare tenuità del fatto alla non abitualità del comportamento penalmente illecito.
La vicenda
La decisione di rimettere la questione alla Consulta, origina dalla citazione in giudizio dell'imputata che, con altre due donne non identificate, aveva rubato in un negozio uno spolverino del valore di 45,00 euro, infilandolo nella borsa mentre le complici distraevano la titolare.
Il comportamento della donna è aggravato, non solo, dall'aver commesso il fatto in tre persone e su cose esposte per necessità alla pubblica fede, ma anche dalla presenza di una recidiva specifica reiterata e infraquinquennale.
Tuttavia, ad avviso del Tribunale, il reato, integrato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, così come nelle contestante aggravanti, in considerazione del valore del bene sottratto, potrebbe essere ritenuto di particolare tenuità, se non fosse che, a causa dei precedenti penali dell'imputata, deve riconoscersi una sorta di abitualità che esclude la concretizzazione dei requisiti previsti dall'art. 131-bis del codice penale.
Secondo il giudice rimettente il requisito della non abitualità sarebbe in contrasto con più disposizioni costituzionali: innanzi tutto con l'art. 3 della Costituzione, perché lo stesso fatto sarebbe trattato diversamente in ragione di elementi che non lo riguardano nella sua materialità, ma si riferiscono ad aspetti soggettivi.
Poi, anche con l'art. 25 Cost., perché con l'espresso richiamo al "fatto commesso" questa norma dà rilevanza alla condotta dell'agente per il suo obiettivo disvalore e non solo in quanto manifestazione sintomatologica di pericolosità sociale.
Infine, con l'art. 27 Cost., perché la punizione che discende da un fatto oggettivamente privo di offensività apprezzabile espone il condannato a una pena sproporzionata ex se alla gravità del reato commesso, che non potrà mai essere sentita come sanzione rieducatrice.
Non punibilità per particolare tenuità del fatto solo se manca l'abitualità
Tuttavia, secondo la Consulta, tali eccezioni appaiono infondate: in primis, l'avere condizionato la non punibilità anche attraverso un dato soggettivo, costituito dalla non abitualità del comportamento penalmente illecito, non contrasta con il principio di uguaglianza, perché il trattamento diverso è collegato a una situazione giuridica diversa.
Inoltre, riconoscere la necessità che la fattispecie penale sia ancorata al "fatto commesso" e non a una mera manifestazione sintomatologica di pericolosità sociale, come rileva il giudice rimettente, non significa negare qualunque rilevanza alla condotta dell'imputato antecedente, contemporanea o successiva alla commissione del fatto.
Inoltre, evidenzia la Consulta, a una logica per vari aspetti analoga a quella dell'art. 131-bis c.p. si ispira anche la disciplina della sospensione condizionale della pena.
Pertanto, applicare la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. anche quando il comportamento illecito dell'agente risulta connotato dall'abitualità, contrasterebbe con le esigenze di prevenzione speciale e significherebbe garantire all'imputato l'impunità per tutti gli analoghi reati che dovesse in futuro commettere.
In conclusione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera m), della legge n. 67 del 2014, e dell'art. 131-bis, primo e terzo comma, cod. pen. sono manifestamente infondate, perché l'avere subordinato la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto alla non abitualità del comportamento illecito non viola il principio di uguaglianza, poichè anche in presenza di fatti analoghi le ineguali condizioni soggettive giustificano il diverso trattamento penale, e per lo stesso motivo non è irragionevole e non risulta in contrasto con gli artt. 25 e 27 della Costituzione.
Corte Costituzionale, sent. 279/2017• Foto: 123rf.com