di Lucia Izzo - In tema di reati edilizi, alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, consegue l'applicazione, demandata all'Autorità amministrativa competente, della sanzione amministrativa accessoria dell'ordine di demolizione.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 57118/2017 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso "per saltum" del P.M. contro la sentenza del Tribunale che aveva assolto l'imputato dalle tre contravvenzioni edilizie ascrittegli (artt. 44, lett. b), 93 e 95, 94 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001) perché non punibile per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis del codice penale.
Nella vicenda, le contestazioni erano riferite alla realizzazione da parte dell'imputato, in assenza di permesso di costruire, di preventivo avviso all'ufficio del genio civile e di autorizzazione da parte del medesimo ufficio, di una struttura delle dimensioni complessive di mq. 33, evidentemente destinata ad essere utilizzata nell'esercizio della sua attività (Bar pasticceria).
In particolare, il P.M. contesta la sentenza impugnata per non aver il giudice adeguatamente motivato in ordine alle ragioni del suo convincimento relativamente all'applicazione della causa di non punibilità, oltre che per non aver (in violazione dell'art. 31, co. 9, d.P.R. n. 380 del 2001), applicato a sanzione amministrativa accessoria dell'ordine di demolizione, non risultando che l'opera fosse sanata da un punto di vista edilizio.
Ordine di demolizione anche se il reato edilizio non è punibile ex art. 131-bis c.p.
Gli Ermellini confermano che la causa di esclusione della punibilità ex art.131-bis c.p., possa essere dichiarata anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, tuttavia il giudice, per decidere sulla meritevolezza o meno del beneficio da parte dell'imputato, è chiamato a soppesare, in relazione alla modalità della condotta e all'esiguità del danno o del pericolo, l'incidenza della continuazione in tutti i suoi aspetti.
Tra questi aspetti rientrano, ad esempio, la gravità del reato, la capacità a delinquere, i precedenti penali e giudiziari, la durata temporale della violazione, il numero delle disposizioni di legge violate, gli effetti della condotta antecedente, contemporanea e susseguente al reato, gli interessi lesi ovvero perseguiti dal reo e le motivazioni a delinquere.
Nel caso in esame, come evidenziato dal ricorrente, è mancata proprio questa motivazione particolarmente rafforzata.
Infatti, si legge in sentenza, ove il giudice ritenga particolarmente lieve il fatto che si traduce in diverse norme di legge che attengono ad aspetti normativi diversi e che si sostanzia nel sottrarre alla valutazione tecnica dell'autorità amministrativa la sicurezza di un corpo di fabbrica dentro il quale entrano liberamente persone per effettuare consumazioni (ignare del fatto che la struttura potrebbe non sopportare il carico), deve motivare in sentenza le ragioni di tale convincimento, pena un'interpretazione assolutamente soggettiva e non aderente ai fatti dei criteri ermeneutici di valutazione della condotta contenuti all'art. 131-bis del codice penale.
Ancora, il giudice avrebbe dovuto comunque ordinare la demolizione del manufatto, secondo la soluzione interpretativa fondata sulla ritrovata autonomia della sanzione accessoria.
Infatti, come confermato da consolidata giurisprudenza, in materia di reati concernenti le violazioni edilizie, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo (art. 31. co 9, d.p.r. n. 380 del 2001), quale sanzione amministrativa di carattere ripristinatorio, non è soggetto alla prescrizione stabilita dall'art. 173 c.p. per le sanzioni penali, né alla prescrizione stabilita dall'art. 28 legge n. 689 del 1981.
Deve ritenersi, conclude la Cassazione che attesa la natura di sanzione amministrativa accessoria dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, quest'ultima, in ipotesi di assoluzione dal reato edilizio per applicazione dell'art. 131-bis c.p., conseguirebbe comunque, trattandosi di statuizione obbligatoria, priva di contenuto discrezionale, consequenziale alla sentenza di condanna
o ad altra alla stessa equiparata, e pertanto sottratta alla disponibilità delle parti.
Cass., III sez. pen., sent. n. 57118/2017• Foto: 123rf.com