Per il tribunale di Ascoli Piceno, la condotta non configura il reato di minaccia e il gesto contestuale rappresenta una mera coloritura espressiva

Avv. Giuseppe Senesi - Per il Tribunale di Ascoli Piceno, le parole "tanto tu qua non ci passi più!!...e fra poco vai alla tomba!!", contestualmente mimando con la mano destra il taglio della gola, pronunciate da persona di età avanzata e di corporatura tale da non denotare attitudine aggressiva, non configurano il reato di minaccia di cui all'art. 612 c.p. e l'imputato va assolto perché il fatto non sussiste.

La vicenda

Il Sig. F. M., fatto uscire dalla sua abitazione di una piccola frazione di montagna, allorché si trovava lì da solo, da alcuni vicini, moglie e marito, con il frequente pretesto, come sovente avveniva, di fargli rimuovere una vettura per loro miglior transito, veniva da costoro fotografato e querelato per aver reagito con frasi e gesti da essi ritenuti ingiuriosi e minacciosi. Tratto a giudizio davanti al Giudice di Pace

di Ascoli Piceno, veniva condannato al pagamento di € 300 di multa, € 700 di risarcimento ed € 2.400 per spese di costituzione di parte civile, per il reato ex art. 612 c.p., per aver egli minacciato un ingiusto danno profferendo all'antagonista "… tanto tu qua non ci passi più!!...e fra poco vai alla tomba!!" … mimando con la mano destra il taglio della gola. Così almeno avevano testimoniato i querelanti.

A nulla erano valse le molteplici tesi difensive di cui se ne riportano alcune: - le foto prodotte dai querelanti, che asserivano averle realizzate tutte nello stesso giorno e contesto, mostravano presenza di oggetti e caratteristiche dei luoghi diverse l'una dall'altra, quindi, concernenti periodi ed anni diversi, smentivano i querelanti minandone la credibilità; - l'imputato veniva dai querelanti senza vera esigenza disturbato sempre quando non vi erano altre persone in vista e veniva continuamente provocato e le sue reazioni di persona anziana, invalida, sola e debole non potevano comunque avere l'attitudine concreta ad intimorire ben due soggetti, per giunta più forti e più giovani.

Lo scrivente difensore, proponeva quindi appello al Tribunale per più motivazioni e proponendo varie conclusioni, tra cui, in via principale, l'assoluzione con la più ampia delle formule, perché i fatti non sussistono o, comunque, non sono stati commessi nella data indicata, costituendo la data una parte essenziale dell'imputazione.

Nell'atto di appello veniva di nuovo riproposta la problematica delle fotografie, ma si sosteneva pure che, in ogni caso, non tutti i tipi di minaccia possono essere considerati penalmente rilevanti: vi sono minacce semplicemente colpose, di danno giusto, ma anche innocue, poiché non superano la soglia di lesività. Nel contesto, le espressioni ed i gesti attribuiti all'appellante, sono un semplice sfogo a tanta provocazione e giammai volontà sussumibile nella fattispecie p. e p. dall'art. 612 c.p., poiché costituiscono l'esternazione di un disappunto senza lesione di nessuna norma penale.

Con Sentenza n. 9/2017 (sotto allegata), il Tribunale di Ascoli Piceno ha riesaminato direttamente le circostanze di fatto ed il valore da attribuire alle espressioni ed al gesto in relazione al dettato dell'art. 612 c.p. ed alla giurisprudenza della Cassazione, ivi richiamata sotto vari aspetti.

Augurare la morte non è reato di minaccia

Il Tribunale ha rammentato che "elemento essenziale del reato di minaccia è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato, dal colpevole, alla parte offesa. … è indispensabile, però, che il male ingiusto possa essere dedotto dalla situazione contingente." Infatti, pur "essendo semplicemente sufficiente che la condotta posta in essere dall'agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo (cfr. Cass. V, 17 dicembre 2008, n. 46528: Cass. V, 6 febbraio 2004. n. 4633)", afferma il Tribunale che "è pur sempre necessario il riferimento esplicito…. ad un male ingiusto, idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore…(cfr. Cass. V, 10 dicembre 2014 n. 51246)". La sentenza in esame ha pertanto ritenuto la condotta dell'imputato priva di tali requisiti, poiché le parole pronunciate restano su un piano del tutto generico, tanto che egli non ha prospettato al contendente "che lo avrebbe ucciso, limitandosi, semmai, ad invocarne o auspicarne la morte, che comunque non pare rientrare nell'intento minatorio dell'imputato." Il gesto del taglio della gola rappresenta una "mera coloritura espressiva non idonea a conferire una portata apprezzabile alle parole cui si accompagnava."

L' inidoneità a minacciare è risultata confermata anche dal fatto che l'imputato era in età ben più avanzata rispetto alle parti civili e di corporatura tale da "non denotare una rilevante forza fisica o comunque l'attitudine aggressiva."

Pertanto, il Giudice d'appello ha stabilito che "Alla luce di tali elementi, non pare consentito ravvisare l'idoneità delle parole pronunciate dall'imputato ad ingenerare timore, con conseguente insussistenza del reato di cui all'art. 612 c.p."

Avv. Giuseppe Senesi

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Trib. Ascoli Piceno, sentenza n. 9/2017

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